Non è ammessa la revocazione di una sentenza amministrativa quando ciò sia necessario per conformarsi ad una sentenza definitiva della Corte europea dei diritti dell’uomo (Corte cost. sent., 7 marzo 2017 – 26 maggio 2017, n. 123)

Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 106 del d.lgs. n. 104 del 2010, e degli artt. 395 e 396 cod. proc. civ., sollevata, in riferimento all’art. 117, primo comma, della Costituzione, dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato. L’obbligo di conformazione alle sentenze della Corte EDU ha un contenuto variabile: ne consegue che le misure ripristinatorie individuali diverse dall’indennizzo sono solo eventuali e vanno adottate esclusivamente laddove siano “necessarie” per dare esecuzione alle sentenze stesse. L’indicazione della obbligatorietà della riapertura del processo, quale misura atta a garantire la restitutio in integrum, non è imposta dalla Corte di Strasburgo quale rimedio generale, ma è presente esclusivamente in sentenze rese nei confronti di Stati i cui ordinamenti interni già prevedono, in caso di violazione delle norme convenzionali, strumenti di revisione delle sentenze passate in giudicato. In tutti gli altri casi è rimesso ai singoli Stati la scelta di come meglio conformarsi alle pronunce della Corte, senza indebitamente stravolgere i princìpi della res iudicata o la certezza del diritto.

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