Il Conseil Constitutionnel respinge due questioni prioritarie di costituzionalità sollevate dalla Sezione Penale della Corte di Cassazione relative alla conformità ai diritti e alle libertà di cui in Costituzione della lett. d), del co. 2, del paragrafo I, dell’art. 11 della legge n. 2020-290 del 23.3.2020, nella parte in cui è consentito al Governo, sul fondamento dell’art. 38 della Costituzione, di adottare, attraverso ordinanza, regole relative alle procedure e alla durata delle rilevanti misure di detenzione provvisoria. Regole, queste, che, comunemente, rientrano nella competenza legislativa. L’art. 38 obbliga il Governo a precisare al Parlamento le finalità per le quali chiede la concessione del potere di ordinanza, senza la necessità di informarlo sul contenuto delle ordinanze che potranno essere adottate in un limitato periodo di tempo. In ogni caso, sia la legge che autorizza il Governo a tal fine, sia il Governo nell’esercizio di simili poteri straordinari, non sono esentati dal rispetto delle regole e dei principi di valore costituzionale. All’art. 38 fa eco l’art. 61-1 della Costituzione, per il quale: se, «in occasione di un procedimento pendente dinanzi a un tribunale», viene in rilievo una possibile violazione di «diritti e libertà garantiti dalla Costituzione» da parte di disposizioni legislative, il Consiglio costituzionale può essere investito della questione di Costituzionalità da parte del Consiglio di Stato o della Corte di cassazione. Senza omettere di osservare che l’art. 38, co. 2, prevede che la procedura di autorizzazione del governo a emanare ordinanze è, comunque, soggetta alla ratifica espressa del Parlamento, sorgendo diverse delicate questioni in relazione al principio di separazione dei poteri. Le disposizioni di un’ordinanza acquisiscono, difatti, forza di legge dal momento della ratifica ad opera del Legislatore e, come tali, sono da osservare, nell’arco temporale di riferimento e nelle materie di competenza, ai sensi dell’articolo 61-1. La loro conformità ai diritti e alle libertà garantiti dalla Costituzione può, quindi, essere contestata soltanto attraverso la proposizione di una questione prioritaria di costituzionalità. Con specifico riferimento alle misure di custodia provvisoria, l’art. 66 della Costituzione stabilisce, poi, che: «nessuno può essere detenuto arbitrariamente. L’autorità giudiziaria, custode della libertà individuale, garantisce il rispetto di questo principio alle condizioni previste dalla legge». La libertà individuale può essere assicurata soltanto attraverso un rapido intervento del giudice. Le contestate disposizioni della lett. d), del co. 2, del paragrafo I, dell’art. 11, non escludono l’intervento del giudice durante la proroga di una misura di custodia provvisoria che scade durante il periodo di applicazione dello stato di emergenza sanitaria. Pertanto non incidono sui requisiti dell’articolo 66 della Costituzione che, appunto, impongono l’intervento di un giudice il più rapidamente possibile in caso di privazione della libertà. Simili misure detentive, ove non trascurino diritti di difesa e altri diritti e libertà di cui in Costituzione, sono da reputarsi conformi alla Costituzione.
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