I primi decenni della seconda metà del XVII secolo assistono a Napoli alla fioritura investigante, al primo entusiasmo per Cartesio, ad un nuovo fervore di ricerche naturalistiche, alla ripresa dell’impulso che in Italia era stato impresso da Galilei, al convergere di ricerche, prospettive, analisi verso impostazioni che intendevano basarsi sull’esperienza, non su premesse metafisiche. Anche la cultura umanistica, e quella giuridica in particolare, fu coinvolta da questo rinnovamento: essa si aprì agli apporti delle dottrine culte, assorbì la lezione che proveniva dal grande giusnaturalismo europeo ma fu anche in grado di elaborare originalmente questa lezione. Il tratto più significativo di questa originalità sembra costituito dalla diffidenza della cultura giuridica nei confronti degli aspetti razionalistici del giusnaturalismo e dal saldo ancoraggio storico delle sue manifestazioni più significative. Questo interesse per la storia è a sua volta legato al momento storico che i giuristi vivevano, come esponenti di un ceto intellettuale che interpretava, fra molte contraddizioni, una complessa fase di mutamento sociale. Nella prima metà del XVIII secolo alcuni nodi di questa fase storica vengono al pettine: dopo più di duecento anni termina il dominio spagnolo e si apre la fase austriaca a Napoli, che durerà fino al 1734, anno in cui inizia il regno di Carlo di Borbone. Si consolida inoltre, nei primi decenni del settecento, il potere del ceto ministeriale; la vita culturale è sensibile alle suggestioni che provengono dalla grande cultura scientifica e filosofica europea e respinge con vigore le tendenze retrive che provengono da alcuni ambienti legati alla Chiesa romana, simpatizzando con impostazioni, come quelle atomiste, che apparvero, ai difensori della tradizione cattolica, sbilanciate, più o meno apertamente, verso l’ateismo. Vico ebbe contatti con l’ambiente delle accademie napoletane e, se certamente non fu esponente del ceto ministeriale, era consapevole della crisi dell’ordine giuridico napoletano e non estraneo ai fermenti culturali della Napoli del suo tempo. Una comparazione fra la Napoli dei primi anni del Settecento e le vicende della storia romana compare in forte rilievo nel De nostri temporis studiorum ratione. Vico imposta un rapporto fra ius strictum ed aequitas naturalis, nel quale il significato dei concetti, delle normalità di sviluppo che, secondo Emilio Betti, Vico cerca nella storia, non è mai irrigidito ma, all’opposto, aperto ad una netta variabilità di significati, dipendente dal mutare dei contesti sociali, costituzionali, culturali.
The first decades of the second half of the seventeenth century witness in Naples the flowering of the ‘Investiganti’, the first enthusiasm for Descartes, a new fervor of naturalistic research, the resumption of the Galilei’s impulse, the convergence of researches, perspectives , analysis towards approaches that were intended to be based on experience, not on metaphysical premises. Even the humanistic culture, and the juridical one in particular, was involved in this renewal: it opened itself to the contributions of the doctrine ‘culta’, absorbed the lesson that came from the great European natural law but was also able to elaborate inventively this lesson . The most significant trait of this originality seems to be constituted by the distrust of legal culture towards the rationalistic aspects of natural law and by the firm historical anchoring of its most significant manifestations. This interest in history is in turn linked to the historical moment that jurists lived, as exponents of an intellectual class that interpreted, among many contradictions, a complex phase of social change. In the first half of the eighteenth century some knots of this historical phase come to a head: after more than two hundred years the Spanish dominion ends and the Austrian phase opens in Naples, which will last until 1734, when the reign of Charles of Bourbon begins. Furthermore, in the first decades of the eighteenth century, the power of the ministerial class was consolidated; cultural life became sensitive to the suggestions coming from the great European scientific and philosophical culture and vigorously rejected the backward tendencies arising from some circles linked to the Roman Church. While he was certainly not an exponent of the ministerial class, Vico was aware of the crisis of the Neapolitan legal order and was not unrelated to the cultural ferments of the Naples of his time. A comparison between the Naples of the early eighteenth century and the events of Roman history appears in strong relief in the De nostri temporis studiorum ratione. Vico sets up a relationship between ius strictum and aequitas naturalis, in which the meaning of concepts that, according to Emilio Betti, Vico seeks in history, is never stiffened but, on the contrary, remains open to a clear variability of meanings , dependent on the changing social, constitutional and cultural contexts..