L’autore esamina la recente sentenza della CEDU che ha riscontrato la violazione da parte dello Stato italiano del diritto a un equo processo (Art. 6 della Convenzione), sia sotto il profilo del diritto di accesso a un tribunale, sia nell’angolazione del diritto alla ragionevole durata del procedimento, oltre che del diritto ad un ricorso effettivo (Art. 13 della Convenzione), ai danni di una persona offesa dal reato di diffamazione. Agli occhi della maggioranza dei giudici della Corte europea, infatti, la definizione della fase delle indagini preliminari con provvedimento di archiviazione per prescrizione, giunta a distanza di cinque anni e mezzo dalla querela, avrebbe determinato non soltanto un problema di eccessiva durata, ma anche di effettivo e concreto accesso a un tribunale per consentire alla persona offesa di far valere le proprie pretese risarcitorie. Ad essere stigmatizzata dalla Corte è anche la mancata estensione al caso di specie del rimedio indennitario della Legge Pinto. I punti di vista della motivazione di maggioranza e delle due opinioni dissenzienti vengono analizzati a fondo, individuando i punti di analogia e di differenza con il precedente Arnoldi contro Italia e auspicando un possibile intervento risolutore della Grande Camera sull’interpretazione del c.d. «two-avenue test» in materia di diritto di accesso a un tribunale.
The author examines the recent ECtHR’s judgment finding the violation by Italy of the right to a fair trial (Article 6 of the Convention), both in terms of the right of access to a court, and in terms of the right to a reasonable length of the proceedings, as well as the right to an effective remedy (Article 13 of the Convention), to the detriment of a victim of defamation. In the eyes of the majority of the judges of the European Court, indeed, the termination of the phase of the preliminary investigations on the ground that the crime has become time-barred, delivered after five and a half years from the complaint, would have caused not only a problem of excessive length, but also of effective and concrete access to a court in order to allow the victim to obtain compensation. The Court also stigmatizes the lack of extension to the present case of the compensatory remedy provided by the Pinto’s Act. The point of view of the majority and the different ones expressed in the two dissenting opinions attached to the judgment are deeply analysed, identifying the analogies and differences with the precedent Arnoldi v. Italy and auspicating a possible clarifying intervention by the Grand Chamber on the interpretation of the “two-avenue test” in the matter of the right of access to a court.