Emilio Betti ha letto la Scienza nuova di Vico come una hermeneutica historiae. Se questo mondo civile è stato fatto dagli uomini, il genio dell’intuizione vichiana sta proprio nell’aver compreso che, per quanto distanti siano nel tempo le azioni e realizzazioni umane, non ogni via è preclusa alla loro comprensione. Secondo Betti tale intuizione già anticipa il criterio epistemologico della inversione dell’iter genetico nell’iter ermeneutico, centrale nella sua teoria dell’interpretazione. Betti, nel tratteggiare la historische Frage di Vico, mette a punto un aspetto di essa che gli appare molto significativo: l’indagine di Vico si indirizza alla struttura tipica piuttosto che all’evento individuale. Le “normalità di sviluppo” della storia sono però altra cosa al confronto con le leggi della fisica, che illustrano il decorso di fenomeni naturali. Le une, a differenza delle altre, sono prive di quella rigida forma astratta, di quella rigorosa generalità che denota le leggi fisiche. Le uniformità tipiche, le leggi di struttura, le normalità di sviluppo ineriscono ad un mondo sociale, fatto dagli esseri umani, che può essere conosciuto a partire dal suo nascimento, che avviene in certi modi e certi tempi, secondo la natura delle cose. Tutto questo riconduce al fondamentale assunto bettiano della storicità del soggetto (oltre che dell’oggetto) dell’attività interpretativa e perciò alla storicità di Vico, alle prese con la comune natura delle nazioni nella Napoli fra la seconda metà del secolo XVII e la prima del successivo.
Il regno di Napoli fu teatro, in quei decenni, di conflitti sociali che videro rafforzarsi il ruolo, già affermato, del ministero e di larga parte del ceto togato, a spese sia del baronaggio che del potere ecclesiastico. Inoltre, il ministero era bensì alleato delle monarchie e ne riconosceva formalmente il potere assoluto ma, nella sostanza, aveva un concreto dominio sull’ordine giuridico tramite il controllo delle attività interpretative ed applicative del diritto, controllo favorito dal caos della legislazione, dalla sua smisurata ed incontrollata crescita, dal fiorire di privilegi, di usi, di abusi, dall’affermarsi di consuetudini, prassi, stili di giudizio. Vico non ignorò tutto questo e la sua opera ne fu anzi influenzata, come meglio si vedrà nelle successive sezioni di questo lavoro.
Emilio Betti read Vico’s New Science as a hermeneutica historiae. If this civilized world was made by men, the genius of Vico’s intuition lies precisely in having understood that, however distant in time human actions and achievements are, not every path is precluded from their understanding. According to Betti, this intuition already anticipates the epistemological criterion of the inversion of the ‘genetic iter’ in the ‘hermeneutic iter’, central to his theory of interpretation. Betti, in outlining Vico’s istorische Frage, develops an aspect of it that appears to him to be very significant: Vico’s investigation addresses the typical structure rather than the individual event. The ‘developmental normality’ of history, however, is something else in comparison with the laws of physics, which illustrate the course of natural phenomena. The one, unlike the others, are devoid of that rigid abstract form, of that rigorous generality that denotes physical laws. The typical uniformities, the laws of structure, the normality of development are inherent in a social world, made by human beings, which can be known from its birth, which occurs in certain ways and at certain times, according to the nature of things. This leads back to the fundamental Betti’s assumption of the historicity of the subject (as well as of the object) of the interpretative activity, and therefore to the historicity of Vico, grappling with the common nature of the nations in Naples between the second half of the seventeenth century and the first of the following.
The kingdom of Naples was the scene, in those decades, of social conflicts that saw the already established role of the ministry and of a large part of the toga class strengthened, at the expense of both baronage and ecclesiastical power. Furthermore, the ministry was indeed an ally of the monarchies and formally recognized their absolute power but, in substance, had a concrete dominion over the legal order through the control of the interpretative and application activities of the law, control favored by the chaos of legislation, by its boundless and uncontrolled growth, from the flourishing of privileges, uses, abuses, from the affirmation of customs, practices, styles of judgment. Vico did not ignore all this and his work was indeed influenced by it, as will be better seen in the following sections of this work.