Il “fine pena mai” di fronte al controllo CEDU: un “margine di apprezzamento” sempre più fluttuante e aleatorio

L’autore, partendo da un sintetico inquadramento della dottrina del “margine di apprezzamento” e attraversando alcune recenti “opinioni dissenzienti” espresse dai giudici di Strasburgo nei casi Hutchinson contro Regno Unito e Viola contro Italia, ne affronta la specifica declinazione nel campo della problematica compatibilità tra ergastolo e divieto di trattamenti o pene inumane o degradanti. In tale contesto, infatti, l’elaborazione giurisprudenziale ha individuato nella “riducibilità” de facto e de iure della “pena perpetua” la condicio sine qua non ai fini del rispetto dell’art. 3 della Convenzione. Ai fini del soddisfacimento di tale condizione, agli Stati contraenti viene pertanto riconosciuto un certo “margine di apprezzamento”, la cui ampiezza, però, risulta di volta in volta individuata dalla Corte in base a criteri non sempre afferrabili e prevedibili.

The author, starting from a brief outline of the doctrine of the “margin of appreciation” and going through some recent “dissenting opinions” expressed by the judges of Strasbourg in the cases Hutchinson v. The United Kingdom and Viola v. Italy, addresses its specific declination in the field of the problematic compatibility between life prison sentence and prohibition of inhuman or degrading treatment or punishment. In this context, in fact, the ECtHR case-law identified the “reducibility” de facto and de iure of the whole life imprisonment as the condicio sine qua non for the purposes of compliance with the Art. 3 of the Convention. With the aim of satisfying this condition, the Contracting States are therefore awarded a certain “margin of appreciation”, the extent of which, however, is identified from time to time by the Court on the basis of criteria that are not always perceivable and predictable.