Alla luce dell’ordinanza 207/2018 della Corte costituzionale, il contributo esamina due linee evolutive già emerse nella sua recente giurisprudenza e gli strumenti processuali ideati per svilupparle. La prima attiene alla determinazione del concetto di violazione della Costituzione. La ricordata ordinanza valorizza in termini non consueti il principio stabilito dall’art. 3, comma 2, Cost., secondo il quale oggetto di garanzia costituzionale è la libertà intesa come fenomeno reale. Significa che gli impedimenti di fatto al godimento delle libertà rilevano quali violazioni dei diritti costituzionali in ogni loro effetto di garanzia (negativo, positivo, attivo, procedurale) se essi sono riconducibili alla responsabilità dello Stato e, quindi, oggetto di un dovere statale di protezione. La seconda attiene alla reinterpretazione del compito di garanzia affidato alla Corte costituzionale. Esso non si esaurisce nell’accertamento dell’esistenza di violazioni della Costituzione ma in determinati casi comprende anche la loro correzione. In particolare, laddove il parametro materiale di giudizio non abbia una densità regolativa sufficiente a indicare soluzioni costituzionalmente obbligate circa le modalità di adempimento di un dovere statale indifferibile, la Corte si ritiene legittimata a stabilire le norme transitorie attuative del giudicato costituzionale urgentemente necessarie ad assicurare che i diritti inviolabili non subiscano violazioni gravi e irreparabili. Lo consente una lettura del principio di ripartizione del potere statale funzionalmente unitaria e orientata alla garanzia dei diritti costituzionali, che affianca un criterio di legittimazione funzionale al parametro materiale di giudizio. La descritta reinterpretazione del compito di garanzia affidato alla Corte risponde agli obiettivi che indussero i costituenti a introdurla nel nuovo impianto istituzionale ma richiede la predeterminazione legislativa di adeguati strumenti di coordinamento fra giudizio di legittimità costituzionale, funzione di tutela giurisdizionale affidata ai giudici comuni e potere legislativo. Il meccanismo a tal fine ideato nell’ordinanza 207/2018 consiste nella conservazione dell’ulteriore vigenza ed efficacia come regola di condotta di una norma incostituzionale, che trattandosi di una norma incriminatrice, in senso proprio, è applicabile soltanto dai giudici e nella sospensione della sua efficacia quale regola di giudizio attraverso la sospensione dei giudizi nei quali essa è rilevante, affinché essi siano definiti secondo la futura disciplina che il Parlamento approverà o secondo la sentenza che deciderà il giudizio costituzionale. Il blocco dell’applicazione della norma incostituzionale accompagnato dalla sospensione dei giudizi rappresenta una soluzione generalmente adeguata al fine che si propone, ma non con riferimento a una norma penale incostituzionale perché incrimina una condotta inoffensiva con una pena privativa della libertà personale. Di essa, infatti, la Costituzione non ammette l’inutile sacrificio. La sospensione della norma che commina la sanzione priva la legge penale dell’effetto intimidatorio e, perciò, pregiudica lo scopo di protezione perseguito con la sua ulteriore vigenza. D’altra parte, la futura disciplina non sarà applicabile retroattivamente se più severa e non esiste norma penale più favorevole di quella non applicabile perché risultata incostituzionale, per le ragioni sopra indicate, nel sindacato di costituzionalità (art. 25, comma 2, Cost.; art. 30, comma 4, l. 87/1953).
In the light of decision 207/2018 of the Constitutional Court, the paper investigates two evolving trends of judicial review of legislation already emerged in its most recent case-law. The first deals with the concept of infringement of the Constitution. Relating to this conceptualization, decision 207/2018 stresses in an unusual way on the constitutional protection of real freedom, which finds its legal basis in Article 3 (2) of the Italian Constitution. Following the theory of real freedom, factual circumstances such as dangers caused by actions of private parties or entailed in technological development must be taken into account in the interpretation of the Constitution and in the judgement on its violation because according to constitutional law, in certain situations, the State has the duty to protect constitutional rights from factual injuries. The second trend deals with the reinterpretation of the task of the Constitutional Court. According to its most recent case-law, the Court has not only the power to declare laws unconstitutional but also the competence to remove the infringement when this one is the only way to protect rights and freedom from serious and irreparable damages resulting from the violation of constitutional rights. In such circumstances, if the Parliament disregards its constitutional duty to protect rights and freedom, the Constitutional Court claims the power to set transitory provisions for avoiding harms caused by legislative inactivity. The paper also examines the strategy conceived by the Constitutional Court to coordinate its reinterpreted task with the assignment of judges and the prerogatives of the Parliament. It consists in the decision for a further temporary validity of the unconstitutional rule and in the suspension of the related judgements in order to wait for a new law enacted by the Parliament within the term assigned by the Court. The author concludes that the strategy designed by the Court does not fit for the case of a criminal rule that violates the offence principle. First, because the Constitution does not allow the sacrifice of personal liberty if it is not necessary to fulfill a conflicting constitutional value. Second, because a criminal law cannot be applied retroactively to the disadvantage of a person. Third, because there is no most advantageous criminal law than that one which, according to the Constitution, cannot be applied because it violates constitutional rights (Article 25 of the Constitution; Article 30 (4), l. 87/1953). Adequate procedural rules should be approved by the Parliament for the necessary coordination of judicial review of legislation with the task of judges and with the legislative power.