Lo «strumento» dei diritti umani rappresenta un tentativo di risposta – anzi, di reazione – πάν-moderna a un problema tutto interno alla modernità politico-giuridica (assiologicamente intesa) e concettualmente riconducibile alla genesi della stessa: la grammatica dei diritti umani, cioè, pretende di compiere e di realizzare una suprema forma di tutela positiva del cittadino rispetto alle possibili degenerazioni (liberticide) della sovranità statuale.
I cc.dd. diritti umani inverano, dunque, una forma di Reflexerechtedi seconda generazione, i quali punto cercano di arginare i varii problemi del positivismo giuridico, senza però comprendere che esso stesso rappresenta in se «il» problema di fondo e senza uscire dai suoi gangli concettuali, epistemologici, formali, strutturali. Se il diritto soggettivo, infatti, nasce nella sua concezione moderna in guisa di facultas agendi ex norma agendi, i diritti umani si strutturano sulle stesse fogge di questo, anche se innalzano – per così dire – il livello della normaall’interno di una data scala di cc.dd. fonti del diritto.
La tutela vera e veramente giuridica dei diritti dell’uomo, invece, impone di concepire il diritto stesso e anche il diritto inteso come «diritto del soggetto» (col genitivo oggettivo), nei termini dell’oggettività e della realtà metafisica, oltre i varii formanti del positivismo; la tutela e la garanzia dello ius, infatti, e quindi anche la tutela e la garanzia della «proiezione soggettiva» di questo (fino alla concettualizzazione del diritto di autodeterminazione), impone di comprendere che il fondamento del diritto medesimo non alberga nella pretesa, sia essa quella dello Stato, quella dell’individuo, quella dell’Organizzazione sovranazionale et similia, non alberga, cioè, in una fonte volontaristica, quanto piuttosto essa risiede in se nel fondamento della giustizia, la quale declina il proprio principio a seconda delle varie circostanze e dei varii contesti di riferimento e la quale non rappresenta un limite, ma un criterio per l’esercizio della libertà responsabile (id est, veramente umana).
The «instrument» of human rights represents an attempt to answer to a problem internal to political-juridical modernity and conceptually ascribable to its genesis: the grammar of human rights claims to fulfill and realize a supreme form of positive protection of the citizen with respect to the possible degenerations of state sovereignty.
The human rights, therefore, constitute a form of second-generation of Reflexerechte. If the subjective right, in fact, is born in its modern conception in the guise of facultas agendi ex norma agendi, human rights are structured on the same shapes as this, even if they raise the level of the norm within a scale of sources of law.
The true and truly juridical protection of human rights, on the other hand, imposes the conception of law itself in terms of objectivity and metaphysical reality, beyond the various forming positivism; the protection and guarantee of the ius, in fact,, requires to understand that the foundation of the right does not dwell in the claim, either that of the State, that of the individual, that of the supranational Organization, et similia, does not dwell, that is, in a voluntary source, but rather resides in the foundation of justice, which declines its own principle according to the various circumstances and which does not represent a limit, but a criterion for the exercise of responsible freedom.