La Corte Costituzionale sulla illegittimità costituzionale parziale dell’ art. 512, c.1, c.p.p. per la mancata previsione della lettura in dibattimento delle dichiarazioni, divenute nel frattempo “irripetibili”, rese al GIP dall’imputato di un reato collegato (Corte cost., sentenza 23 settembre 2020 – 20 ottobre 2020, n. 218)

Con ordinanza di rimessione del 27.06.2019, il Tribunale di Roma ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 512 c.p.p. nella parte in cui esclude la lettura delle dichiarazioni rese davanti al giudice nel corso delle indagini preliminari nel caso in cui queste ultime siano divenute, nel frattempo, “irripetibili”. Nel corso del dibattimento è stata accertata, infatti, l’irreperibilità sopravvenuta del dichiarante (imputato di un reato collegato a norma dell’art. 371, co. 2, lett. b), c.p.p., da escutersi quale testimone assistito ex art. 64, co.3, lett. c), c.p.p.) non prevedibile al momento in cui le medesime dichiarazioni erano state rese. In proposito, la Corte sottolinea innanzitutto la necessità di rimeditare l’affermazione contenuta nella sua precedente ordinanza n. 112 del 2006, secondo cui la qualifica di “testimone assistito” viene assunta dal dichiarante al momento dell’esame dibattimentale, valendo sino a quel momento, ai fini della eventuale lettura delle dichiarazioni in caso di irripetibilità, la posizione che il dichiarante aveva al momento in cui ha reso le dichiarazioni in relazione alle quali ne è richiesto l’esame in qualità di “testimone assistito” in sede dibattimentale. In realtà, ai fini della disciplina della lettura delle dichiarazioni predibattimentali, per l’assunzione della qualità di testimone – “puro” o “assistito” che sia – non rileva soltanto l’atto della deposizione dibattimentale, ma già l’attribuzione dei relativi obblighi, che discendono dalla citazione o dalla ammissione del giudice e, prima ancora, dall’avvertimento di cui all’art. 64, comma 3, lettera c), c.p.p. formulato all’imputato di reato connesso o collegato a norma dell’art. 371, comma 2, lettera b) prima delle sue dichiarazioni sulla responsabilità di altri. Dalla necessità di configurare la qualificazione del dichiarante in termini
temporalmente e funzionalmente meno rigidi discende, all’evidenza, come l’introduzione nell’ordinamento, per effetto della legge n. 63 del 2001, della figura del “testimone assistito” abbiano ampliato le lacune e le incongruenze della disciplina delle modalità di recupero in dibattimento delle dichiarazioni rese nelle fasi precedenti, quale risultante dal rapporto tra gli artt. 512 e 513 c.p.p.. Tanto più che, a seguito della sent. n. 440 del 2000, la Corte costituzionale ha escluso che possa più ammettersi una interpretazione estensiva dello stesso art. 512 c.p.p., in quanto specifica ipotesi di deroga del principio del contraddittorio nella formazione della prova nel processo penale. In tale prospettiva, dovendosi ora guardare all’art. 512 c.p.p. come norma di riferimento e residuale in tema di recupero degli atti a contenuto dichiarativo di cui sia impossibile la ripetizione in dibattimento per circostanze sopravvenute, in conformità ai principi di cui all’art. 111, quinto comma, Cost., risulta irragionevole, alla luce dell’art. 3 Cost., che tale disposizione non contempli le dichiarazioni su fatti che
concernono la responsabilità dell’imputato, rese al giudice nel corso delle indagini preliminari da un soggetto giudicato per reato collegato, a norma dell’art. 371, comma 2, lettera b), c.p.p., il quale abbia poi assunto l’ufficio di testimone ai sensi dell’art. 197-bis c.p.p. Dunque, è stato ritenuto “irragionevole” che la norma censurata consenta la lettura, qualora ne sia divenuta impossibile la ripetizione, degli atti assunti dalla polizia giudiziaria, dal pubblico ministero, dai difensori delle parti private e dal GUP, e non anche degli atti assunti dal GIP nell’interrogatorio di garanzia dell’imputato di reato collegato, qualora questi sia stato citato per essere sentito come teste in dibattimento. La Corte costituzionale ha, quindi, dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 512, comma 1, c.p.p.,
per violazione dell’art. 3 Cost., nella parte in cui non prevede che, alle condizioni ivi stabilite, sia data lettura delle dichiarazioni rese al giudice per le indagini preliminari in sede di interrogatorio di garanzia dall’imputato di un reato collegato a norma dell’art. 371, comma 2, lettera b), che, avendo ricevuto l’avvertimento di cui all’art. 64, comma 3, lettera c), sia stato citato per essere sentito come testimone.

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