La Prima Sezione civile ha affermato che, in caso di nascita mediante tecniche di procreazione medicalmente assistita, l’art. 8 della legge n. 40 del 2004 sullo status del nato con PMA si applica – a prescindere dalla presunzione ex art. 234 c.c. – anche all’ipotesi di fecondazione omologa post mortem avvenuta utilizzando il seme crioconservato del padre, deceduto prima della formazione dell’embrione, che in vita abbia prestato, congiuntamente alla moglie o alla convivente, il consenso, non successivamente revocato, all’accesso a tali tecniche ed autorizzato la moglie o la convivente al detto utilizzo dopo la propria morte. La Corte dunque sembra prendere le mosse dal favor filiationis quando afferma che, nonostante il tenore letterale degli articoli 5 e 6, comma 1, della legge n.40 del 2004, dopo la morte del marito e acquisito il suo consenso univoco in vita, alla fecondazione eterologa e all’uso del suo seme crioconservato, dovrebbe prevalere la tutela legislativa del nato da fecondazione omologa, giacchè il legame genetico consente comunque di instaurare un legame di filiazione nei confronti di entrambi i genitori genetici. La discendenza biologica pertanto prescinde dal tempo del concepimento e il consenso prestato da uno dei genitori per l’accesso alle pratiche di procreazione assistita è elemento qualificante per l’accertamento della fliliazione nell’ottica di effettiva tutela della personalità del minore.
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