Il diritto reale d’uso di aree destinate a parcheggio non può qualificarsi come onere non apparente gravante sull’immobile ex art. 1489 c.c. (Cass. Civ.,sez. II ,sent. 17 maggio- 22 agosto 2019, n. 21582)

La Suprema Corte di Cassazione, relativamente al contratto tipico di vendita, nella specie avente ad oggetto una costruzione con aree destinate a parcheggio, è tornata a pronunciarsi sulla garanzia per oneri e diritti di terzi gravanti sulla cosa venduta. Più nello specifico, la Corte ha puntualizzato il campo applicativo della garanzia di cui all’articolo 1489 c.c., articolo più precisamente rubricato “cosa gravata da oneri o da diritti di godimento di terzi”. Secondo la Corte, la suddetta garanzia è volta ad evitare che l’acquirente, una volta in possesso del bene si ritrovi a dover subire una condizione di fatto che ne impedisce o ne limiti l’utilizzo e/ il godimento e la medesima può trovare applicazione solamente quando la situazione ostativa al godimento del bene è caratterizzata dall’assenza assoluta di spazi, in questo caso da riservare ad area di parcheggio comune, per non essere gli stessi mai stati individuati o realizzati e per non essere il vincolo pertinenziale mai venuto ad esistenza. Il Supremo Collegio, rigettando il ricorso proposto, così pronuncia “La censura è priva di fondamento. La Corte d’appello si è correttamente attenuta al principio di diritto secondo cui il diritto reale d’uso di aree destinate a parcheggio, quale limite legale della proprietà del bene, deriva da norme imperative assistite, come tali, da una presunzione legale di conoscenza da parte dei destinatari, sì che il vincolo da esse imposto non può legittimamente qualificarsi come onere non apparente gravante sull’immobile secondo la previsione dell’art. 1489 c.c., e non è, conseguentemente, invocabile dal compratore come fonte di responsabilità del venditore che non lo abbia dichiarato nel contratto (Cass., Sez. II, 18 aprile 2000, n. 4977).

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