L’applicazione retroattiva di nuovi criteri di determinazione dell’indennizzo per la realizzazione abusiva di opere inamovibili sul demanio marittimo non è costituzionalmente illegittima quando la tutela dei beni pubblici incrocia altri delicati interessi di rilievo costituzionale (Corte cost., sent. 7 marzo – 23 aprile 2024, n. 70)

La Corte costituzionale, con sent. n. 70 del 2024, ha dichiarato non fondate le questioni di
legittimità costituzionale dell’art. 1, co. 257, secondo periodo, l. n. 296/2006 (legge finanziaria 2007),
sollevate dalla Seconda Sez. civ. della Corte di cassazione, in riferimento agli artt. 3 e 23 Cost. Il
predetto co. 257 – disposizione di interpretazione autentica dell’art. 8 del d. l. n. 400 del 1993, come
convertito, in cui sono stabiliti i criteri per la quantificazione, a decorrere dall’anno 1990, degli
indennizzi dovuti per le utilizzazioni dei beni demaniali – commisura ai valori di mercato, anziché
ai più bassi valori tabellari, l’indennizzo dovuto in caso di occupazioni illegittime di aree
demaniali marittime, qualora siano state realizzate anche opere abusive inamovibili. Il giudice
rimettente ha censurato tale differenziazione in quanto lesiva del principio di affidamento
legittimo dei fruitori, sia pure abusivi, di beni pubblici. La Corte costituzionale, nel respingere
l’eccezione di incostituzionalità, ha invece ritenuto che l’affidamento maturato in capo ai fruitori
abusivi di beni pubblici – sui quali siano stati realizzati manufatti che incidono irreversibilmente
sulle aree del demanio marittimo – può essere legittimamente considerato recessivo dal legislatore
rispetto ad altri delicati interessi di rilievo costituzionale, quali la valorizzazione economica dei
beni demaniali e, ancor prima, la tutela del paesaggio e dell’ambiente marino. Nel caso di specie,
dunque, la scelta legislativa ha operato un razionale contemperamento tra ragioni antagoniste.

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