È legittimo il fermo-pesca triennale dei ricci di mare in Puglia, ma la Corte costituzionale bacchetta la Regione per l’infelice tecnica normativa adottata, “correggendo” il testo legislativo mediante una sentenza interpretativa di accoglimento (Corte cost., sent. 24 gennaio – 15 febbraio 2024, n. 16)

Con sentenza n. 16/2024, la Corte costituzionale ha dichiarato non fondata la questione di
legittimità costituzionale sollevata dal Governo italiano contro la legge regionale pugliese n. 6/2023
che istituisce il divieto triennale della pesca dei ricci di mare in Puglia, al fine di garantire un
periodo di riposo della specie, preservando la risorsa ittica e scongiurando il rischio di estinzione
dovuto ai massicci prelievi. Secondo la Corte Costituzionale, la Puglia ha introdotto “una misura
specifica, concernente un fermo pesca disposto una tantum, che si riverbera temporaneamente su
un’attività che si svolge sui fondali posti a breve distanza dalle coste pugliesi e che riguarda una
risorsa ittica, il cui consumo è strettamente correlato al territorio e alle tradizioni locali, tant’è che la
misura è la conseguenza di un massiccio sovra-sfruttamento”. Il fermo della pesca, pertanto, non è
“incompatibile con una possibile modulazione di interventi legislativi regionali, mirati a risolvere
specifiche criticità locali”. Al di fuori delle ipotesi, ove, dunque, la ratio dell’intervento legislativo
statale in materia di protezione dell’ambiente sia riconducibile alla previsione di uno standard di
tutela minimo, può invece dispiegarsi l’esercizio di competenze legislative regionali, che
intervengano indirettamente a elevare quello standard. Il limite che pone allora la competenza
legislativa statale al bilanciamento di interessi individuato dal legislatore regionale è che esso non
vìoli lo standard di tutela minimo fissato dalla previsione statale. Nel caso di specie, la Corte ha
ritenuto che gli artt. 1 e 2 della legge reg. Puglia n. 6 del 2023 introducano una misura specifica,
concernente un fermo pesca disposto una tantum, che si riverbera temporaneamente su un’attività
che si svolge sui fondali posti a breve distanza dalle coste pugliesi e che riguarda una risorsa ittica,
il cui consumo è strettamente correlato al territorio e alle tradizioni locali, tant’è che la misura è la
conseguenza di un massiccio sovra-sfruttamento. Il carattere specifico, temporaneo e
territorialmente circoscritto delle disposizioni impugnate rende, dunque, non imprescindibile un
bilanciamento operato sul piano statale. Diversa considerazione ha avuto, invece, il secondo
motivo di ricorso. Nello stigmatizzare l’infelice tecnica normativa adottata dal legislatore pugliese,
che si è avvalso – nelle disposizioni impugnate – di espressioni lessicalmente eterogenee per
esprimere il medesimo concetto (quali le nozioni di «mari regionali», di «mare territoriale della
Puglia» e di mari territorialmente non appartenenti alla Regione Puglia»), i giudici costituzionali
hanno rilevato che « i tre sintagmi lessicali adoperati interferiscono direttamente con la nozione di
mare territoriale, quale enucleata dall’art. 2 cod. nav. – che definisce un elemento costitutivo della
sovranità –, ed evocano un frazionamento di tale paradigma su base regionale, che è del tutto
sconosciuto all’ordinamento giuridico. Viceversa, come si evince da una consolidata , gli effetti
spaziali di un intervento legislativo regionale, che ha riverberi sullo spazio marino, non sono altro
che una proiezione funzionale della competenza legislativa regionale esercitata e della natura degli
interessi coinvolti e non consentono di evocare una supposta delimitazione del mare territoriale,
inteso come elemento costitutivo della sovranità dello Stato. Pertanto, la seconda questione avente
a oggetto quanto prevedono gli artt. 1 e 2 della legge reg. Puglia n. 6 del 2023 è fondata, nella parte
in cui le citate disposizioni stabiliscono che la Regione Puglia favorisce il ripopolamento del riccio
di mare «nei mari regionali», anziché «nello spazio marittimo prospiciente il territorio regionale»
(art. 1); nella parte in cui dispongono il fermo biologico dei ricci di mare «Nel mare territoriale
della Puglia», anziché «Nello spazio marittimo prospiciente il territorio regionale» (art. 2, comma
1); nella parte in cui escludono dall’applicazione del divieto di commercializzazione del riccio di
mare gli esemplari provenienti «da mari territorialmente non appartenenti alla Regione Puglia»,
anziché «dallo spazio marittimo non prospiciente il territorio regionale» (art. 2, comma 2).

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