É incostituzionale la disposizione che non prevede per il dipendente pubblico, genitore di figli minori di tre anni, di poter chiedere la temporanea assegnazione ad una sede ubicata nella provincia o regione in cui è fissata la residenza familiare (Corte cost., sent. 16 aprile – 4 giugno 2024, n. 99)

La Corte costituzionale, con sent. n. 99 del 2024, ha ritenuto fondata la questione di legittimità
costituzionale sollevata dal Consiglio di Stato in ordine all’art. 42 bis, co. 1, D. Lgs. n. 151 del 2001
nella parte in cui prevede che il trasferimento temporaneo del dipendente pubblico, con figli
minori fino a tre anni di età, possa essere disposto “ad una sede di servizio ubicata nella stessa
provincia o regione nella quale l’altro genitore esercita la propria attività lavorativa” e non anche
ad una sede ubicata nella stessa provincia o regione nella quale è fissata la residenza familiare. I
giudici costituzionali hanno ritenuto, infatti, che la ratio della norma censurata sia preordinata a
favorire la ricomposizione dei nuclei familiari nei primi tre anni di vita dei figli, al fine di
realizzare l’obiettivo costituzionale di sostegno e promozione della famiglia e dell’infanzia. Un
ampliamento dell’ambito di applicazione dell’istituto dell’assegnazione temporanea
risponderebbe, altresì, all’esigenza di preservare la più ampia autonomia dei genitori nelle scelte
concernenti la definizione dell’indirizzo familiare. Pertanto, poiché la previsione del trasferimento
temporaneo esclusivamente nella regione in cui lavora l’altro genitore priverebbe di tutela l’ipotesi
in cui entrambi i genitori lavorino in regioni diverse da quella in cui è stata fissata la residenza
familiare, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 42˗bis, comma
1, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, per contrasto con l’art. 3 Cost., nella parte in cui
prevede che il trasferimento temporaneo del dipendente pubblico, con figli minori fino a tre anni
di età, possa essere disposto «ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella
quale l’altro genitore esercita la propria attività lavorativa», anziché «ad una sede di servizio
ubicata nella stessa provincia o regione nella quale è fissata la residenza della famiglia o nella
quale l’altro genitore eserciti la propria attività lavorativa».

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