Rapina di “lieve entità”: introdotta la “valvola di sicurezza” di un’attenuante proporzionata alla entità del fatto (Corte cost., sent. 16 aprile -13 maggio 2024, n. 86)

Con sent. n. 86 del 2024 la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art.
628, co. 2 (rapina c.d. impropria), cod. pen., e quella, in via consequenziale, dell’art. 628, co. 1
(rapina c.d. propria), cod. pen., nella parte in cui non prevedono che la pena da essi disposta sia
diminuita in misura non eccedente un terzo quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o
circostanze dell’azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di
lieve entità. La pronuncia della Corte consolida ed estende l’orientamento della sua giurisprudenza
mirante a sanzionare le pene sproporzionate per violazione degli artt. 3 e 27, co. 1 Cost. (cfr., da
ultimo, sent. n. 120/2023 in materia di reato di estorsione, utilizzato quale tertium comparationis).
Un trattamento manifestamente sproporzionato rispetto alla gravità oggettiva e soggettiva del fatto,
e comunque incapace di adeguarsi al suo concreto disvalore, pregiudica i principi di
individualizzazione della pena e della finalità rieducativa della stessa. Quest’ultimo, in particolare,
in quanto collegato con il “principio di proporzione” fra qualità e quantità della sanzione, da una
parte, ed offesa, dall’altra, “in presenza di una fattispecie astratta connotata (…) da intrinseca
variabilità (…) e tuttavia assoggettata a un minimo edittale di rilevante entità” impone che sia
prevista la possibilità per il giudice di qualificare il fatto reato come di lieve entità in relazione alla
natura, alla specie, ai mezzi, alle modalità o circostanze dell’azione, ovvero alla particolare tenuità
del danno o del pericolo”, pena la contemporanea violazione del primo e del terzo comma dell’art.
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