La Corte si pronuncia sulla detenzione domiciliare sostitutiva: la disciplina introdotta dal d. lgs. n. 150/2022 rispetta i criteri fissati dalla legge delega (Corte cost., sent. 11 aprile -10 maggio 2024, n. 84)

La Corte costituzionale, nel dichiarare in parte inammissibili e in parte infondate alcune questioni
di legittimità costituzionale sollevate dalla Corte d’appello di Bologna in relazione alla nuova
disciplina delle pene sostitutive introdotta dalla d.lgs. n. 150 del 2022, ne ha valutata nel merito
soltanto una, ovvero quella relativa alla detenzione domiciliare sostitutiva. La Corte, infatti, ha
ritenuto che, a fronte dell’eccepito vizio di eccesso di delega in ragione della disciplina più
favorevole rispetto a quella dell’omonima misura alternativa alla detenzione, le modalità esecutive
della detenzione domiciliare sostitutiva siano invece rispettose dei criteri di delega di cui alla l. n.
134/2021. Particolarmente significative sono le parole della Corte circa gli obiettivi perseguiti dalla
riforma del sistema penale: “In primo luogo, quello di mettere a disposizione del giudice di
cognizione – già in fase, dunque, di commisurazione della pena – risposte sanzionatorie alternative
alle pene detentive brevi o comunque di durata contenuta, la consapevolezza dei cui effetti
desocializzanti era stata all’origine della stessa introduzione delle pene sostitutive oltre un
quarantennio fa: e ciò in coerenza sia con il principio del minimo sacrificio necessario della libertà
personale…sia con la necessaria finalità rieducativa della pena di cui all’art. 27, terzo comma,
Cost., che deve accompagnare la pena da quando nasce, nell’astratta previsione normativa, fino a
quando in concreto si estingue (sentenza n. 313 del 1990, punto 8 del Considerato in diritto), e
dunque anche nella fase di determinazione del trattamento sanzionatorio appropriato da parte del
giudice della cognizione. Principio, questo, di speciale rilievo in un contesto caratterizzato dalla
situazione di significativo sovraffollamento in cui, nuovamente, versano le carceri italiane. In
secondo luogo, quello di incentivare definizioni alternative del processo – attraverso la prospettiva
di ottenere l’applicazione di pene sostitutive del carcere, anche per effetto degli sconti di pena
connessi alla scelta dei riti alternativi –, con conseguente alleggerimento complessivo dei carichi
del sistema penale. E ciò in funzione dell’obiettivo ultimo, imposto dall’art. 111, secondo comma,
Cost., di assicurare (al singolo imputato e alla generalità degli imputati) tempi più contenuti di
definizione dei processi”. A fronte di tali finalità, i giudici costituzionali hanno rivolto un esplicito
invito alla magistratura, “cui è demandato il delicato compito di dare forma e sostanza alle
sanzioni sostitutive”, di comprendere “presto che la chiave del loro successo potrà essere proprio
la valorizzazione” delle “caratteristiche di razionalità e mitezza”, pena, altrimenti, “il rischio che la
riforma fallisca, altrettanto rapidamente, gli ambiziosi ed importanti obiettivi di deflazione
processuale e carceraria che intende perseguire”.

Redazione Autore