La Corte costituzionale si pronuncia sul reddito di cittadinanza (Corte costituzionale, sent. 3 aprile 2024, n. 54)

Nella sentenza n. 54 la Corte costituzionale ha dichiarato infondate le questioni di legittimità
costituzionale sollevate dal Tribunale di Foggia con riguardo ad una persona che aveva chiesto il
reddito di cittadinanza omettendo di dichiarare precedenti vincite al gioco e non avendo comunicato
le ulteriori vincite conseguite nel periodo in cui ha percepito il reddito di cittadinanza (Rdc). Nello
specifico, la Corte costituzionale ha affermato che Rdc «risulta strutturato in modo da non poter
venire in aiuto alle persone che, in forza delle vincite lorde da gioco conseguite nel periodo
precedente alla richiesta, superino le soglie reddituali di accesso, anche se, a causa delle perdite
subite, sono rimaste comunque povere».
Le questioni di legittimità costituzionale sono state dichiarate infondate in riferimento agli artt. 3,
secondo comma, e 25 della Costituzione sulle disposizioni del decreto-legge n. 4 del 2019, come
convertito, che sanzionano penalmente l’omessa dichiarazione delle vincite lorde al fine di accedere
al Rdc o di mantenerlo. Bisogna ricordare infatti che la disciplina del Rdc vieta espressamente di
utilizzarne gli introiti per il gioco e che «[i]l principio di eguaglianza sostanziale, alla cui attuazione
il Rdc è peraltro riconducibile, non può certo essere invocato a sostegno di una questione di
legittimità costituzionale nell’interesse di chi ha travolto le regole fondamentali dell’istituto,
alterandone così la natura».
La Corte costituzionale ha inoltre affermato che non è però «irragionevole che il legislatore abbia
escluso che sia compito della Repubblica quello di assegnare il Rdc a chi, poco prima, si è rovinato
con il gioco» perché «non è la povertà da ludopatia, ma è piuttosto la ludopatia stessa a
rappresentare uno di quegli ostacoli di fatto che è compito della Repubblica rimuovere».
La sentenza ha poi precisato che «la giocata on line assume il carattere di una qualunque spesa, in
questo caso voluttuaria, che la persona ha effettuato con un reddito di cui ha la disponibilità,
coincidente con l’accreditamento delle vincite sul suo conto gioco; non si può, quindi, pretendere
che la solidarietà pubblica si faccia carico di una spesa di tal genere». Poiché devono essere dichiarate
le vincite al gioco, senza che sia possibile considerare le relative perdite, la situazione di povertà «in
cui la persona si sia venuta a trovare nonostante le vincite è comunque quella di chi, avendo una
disponibilità economica, l’ha dissipata giocando». A ragionare altrimenti, del resto, non solo si
rischierebbe «di alimentare la ludopatia in chi ancora ne soffre, ma anche di creare, in ogni caso, una
rete di salvataggio che si risolverebbe in un deresponsabilizzante incentivo al gioco d’azzardo, i cui
rischi risulterebbero comunque coperti dal beneficio statale del Rdc».
La sentenza ha anche escluso la violazione del principio di determinatezza della legge penale di cui
all’art. 25 Cost., perché, nonostante un complesso insieme di rimandi, dalla normativa è possibile
evincere l’obbligo di dichiarare e comunicare le vincite lorde; del resto, sul piano pratico, a fronte della suddetta complessità, «va considerata anche la possibilità, riconosciuta dall’art. 5, comma 1,
del suddetto decreto, di presentare le richieste del Rdc presso i centri di assistenza fiscale».

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