È costituzionalmente illegittima l’inderogabilità del controllo a vista durante i colloqui con il partner (quando non ostino ragioni di sicurezza o giudiziarie) a tutela del diritto all’affettività del detenuto (Corte cost., sent. 6 dicembre – 26 gennaio 2024, n. 10)

La Corte costituzionale, pronunciandosi sulla questione di legittimità costituzionale sollevata dal Magistrato di sorveglianza di Spoleto, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 18 della L. n. 354/1975 (Ord. Penitenz.), nella parte in cui non prevede che la persona detenuta possa essere ammessa a svolgere i colloqui con il coniuge, la parte dell’unione civile o la persona con lei stabilmente convivente, senza il controllo a vista del personale di custodia, quando, tenuto conto del suo comportamento in carcere, non ostino ragioni di sicurezza o esigenze di mantenimento dell’ordine e della disciplina, né, riguardo all’imputato, ragioni giudiziarie. La disposizione censurata, nel prescrivere in modo inderogabile il controllo a vista del detenuto durante i colloqui, gli impedisce di fatto di esprimere l’affettività con le persone a questi stabilmente legate, anche quando ciò non sia giustificato da ragioni di sicurezza. La Corte ha pertanto riscontrato la violazione degli artt. 3 e 27, co. 3 Cost. per l’irragionevole compressione della dignità della persona causata dalla suddetta previsione e per l’ostacolo che da essa deriva alla finalità rieducativa della pena. Sottolinea, inoltre, che una larga maggioranza degli ordinamenti europei ammette che le persone detenute possano accedere a spazi di espressione dell’affettività intramuraria, inclusa la sessualità; deve, dunque, ritenersi violato anche l’art. 117, co. 1 Cost., in relazione all’art. 8 CEDU, per il difetto di proporzionalità di un divieto radicale di manifestazione dell’affettività “entro le mura”. La Corte precisa, altresì, che una tale rivoluzione culturale, densa di problemi organizzativi che dovranno necessariamente essere affrontati da fautori e operatori dell’esecuzione penale, richiederà un’«azione combinata del legislatore, della magistratura di sorveglianza e dell’amministrazione penitenziaria, ciascuno per le rispettive competenze», per garantire l’adeguamento anche strutturale a queste misure, «con la gradualità eventualmente necessaria».

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