La Corte costituzionale è intervenuta sulle norme relative alla disciplina della definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi (DSGA) e alla sua distribuzione tra le regioni, dichiarando costituzionalmente illegittima la mancata previsione dell’acquisizione del parere delle regioni in ordine all’adozione del decreto statale che ripartisce il fondo previsto da tale disposizione. Nelle motivazioni la sentenza ha chiarito che «nessun contenuto delle disposizioni impugnate comporta l’effetto di imporre la soppressione di scuole, intese come luoghi dove si svolge l’attività didattica ed educativa, distribuiti sul territorio regionale». In tale prospettiva, «la nuova normativa non determina, almeno nel primo anno di applicazione, nemmeno una diminuzione del numero complessivo di dirigenti assegnato a ciascuna delle regioni ricorrenti, che anzi aumenta di qualche unità; precludendo il ricorso all’istituto della reggenza, diminuisce invece il numero delle istituzioni scolastiche autonome, inducendo alcuni accorpamenti di plessi con le stesse, per cui i primi si configureranno quali sedi distaccate delle seconde».
La sentenza ha precisato che la normativa statale è diretta a rendere «più efficiente ed efficace il sistema: essa, adottando il criterio della popolazione scolastica regionale, evita infatti gli effetti negativi, incrementati anche dal calo demografico, dell’eccessiva parcellizzazione delle istituzioni scolastiche; supera l’istituto della reggenza e le relative esternalità non positive (precarietà e duplicazioni di adempimenti); mantiene i risparmi che saranno realizzati in virtù di questa evoluzione all’interno del sistema
dell’istruzione, dedicandoli a finalità meritorie», precisando al contempo che la piena realizzazione degli obiettivi della riforma implica «che la leale collaborazione sia intesa nel significato sostanziale, più volte specificato da questa Corte, di una responsabilità diffusa in vista della “doverosa cooperazione per assicurare il migliore servizio alla collettività” (sentenze n. 190 e n. 40 del 2022, n. 62 del 2020 e n. 169 del 2017; nello stesso senso, sentenza n. 33 del 2019), evitando l’arroccamento in letture rigide delle competenze e dei relativi raccordi».