Il Consiglio di Stato interviene in tema di esercizio discrezionale della PA di rimozione di animali pericolosi, nella specie un esemplare di orso bruno (Ursus arctos) identificato in JJ4 che aveva cagionato la morte di un uomo. Poiché il provvedimento impugnato è stato reso in virtù della legge provinciale 11 luglio 2018, n. 9 di attuazione dell’articolo 16 della Direttiva Habitat (92/43/CEE), nel giudizio è stata proposto rinvio pregiudiziale innanzi alla Corte di Giustizia dell’Unione per conseguire la corretta interpretazione del citato articolo 16 che disciplina i presupposti per l’autorizzazione della deroga al divieto di uccisione della specie tutelata di Ursus Arctos. Nelle more, l’associazione appellante presentava alla PA istanza di trasferimento dell’esemplare di orso – come misura alternativa alla soppressione – evocando, nel rispetto del novellato art. 9 Cost., il principio di tutela diretta degli ecosistemi e della biodiversità anche nell’interesse delle future generazioni e degli animali nel loro diritto alla vita. In particolare, si sostiene che l’Amministrazione è tenuta a valutare ogni misura intermedia tra la libertà e l’abbattimento dell’animale e, dunque, anche l’ipotesi del trasferimento in una struttura diversa da quelle di proprietà della Provincia. I giudici di Palazzo Spada ritengono che la protezione della vita degli animali goda di una tutela rafforzata che prevede delle deroghe soltanto in presenza di restrittive condizioni, in ossequio al canone di proporzionalità. Secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata a mente del novellato art. 9 Cost., è, quindi, possibile “ricorrere alla misura più grave solo ove sia provata l’impossibilità di adottare la misura meno cruenta e, quindi, “a condizione che esista un’altra soluzione valida””. La scelta discrezionale della PA mira, pertanto, ad una ponderazione di diversi interessi concorrenti quali la conservazione ecosistemica, la protezione florofaunistica, silvicolturale e idrica al fine di garantire l’interesse della sanità e della sicurezza pubblica o per altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica. Tuttavia, nel caso di specie è stato ritenuto che l’Ente possa rimanere inerte e attendere la soluzione della questione interpretativa posta al giudice unionale.
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