La decisione resa al caso Dorož c. Polonia muove dal ricorso presentato alla Corte EDU da un cittadino polacco, il sig. Artur Doroż, per lamentare la violazione dell’art. 8 CEDU e, segnatamente, per denunciare la mancata osservanza da parte delle autorità nazionali del diritto al rispetto della propria casa. In breve, il ricorrente era sospettato di possedere volantini anonimi riguardanti informazioni personali sul sindaco della città di Dąbrowa Tarnowska. Per conseguenza, veniva avviata un’indagine a suo carico per il reato di pubblicità illegale seguita da una perquisizione domiciliare. Oggetto di doglianza del sig. Artur Doroż era proprio il provvedimento del PM ritenuto carente in punto di motivazione né, altresì, necessario e proporzionale rispetto al capo di imputazione. La Corte Distrettuale di Dąbrowa Tarnowska aveva dichiarato legittimo e giustificato il mandato di perquisizione ritenendolo, peraltro, il solo modo utile a verificare la fondatezza dei sospetti a carico del ricorrente e, per di più, aggiungeva come fossero state osservate tutte le garanzie procedurali, nonché perseguito uno scopo legittimo come la protezione dell’ordine pubblico, il rispetto dei diritti altrui e salvaguardate le esigenze di una società democratica. Di contro, lasciava osservare la difesa del ricorrente, come non vi fosse alcun nesso di causalità atto a collegare il possesso dei volantini con la loro distribuzione illegale, trattandosi di materiali concernenti informazioni di pubblico dominio. Stando così le cose la Corte EDU, dopo aver dichiarato ammissibile il ricorso, è passata ad esaminarne il merito. In particolare, si è soffermata a chiarire la nozione di “necessità” e, specificamente, a valutare se l’interferenza nel diritto al rispetto della propria casa sia necessaria (o giustificata) in una società democratica (ex art. 8 § 2 CEDU), in quanto risponda ad un bisogno sociale imperativo, a prevenire gravi crimini o disordini pubblici. A tal riguardo, al Corte ha ricordato come le eccezioni previste nel § 2 dell’art. 8 CEDU siano da intendere in modo restrittivo e come la “necessità” debba essere, a sua volta, adeguatamente motivata e provata. In concreto, i giudici di Strasburgo hanno tenuto conto perciò della gravità del reato e – rispetto a questo indicatore – hanno valutato l’adeguatezza e la proporzionalità delle misure adottate (perquisizione domiciliare e sequestro dei volantini). In considerazione di ciò la Corte, pur riconoscendo l’ammissibilità di simili misure a scopo di prevenzione, ha ritenuto che nel caso di specie la perquisizione presso l’abitazione del ricorrente si riferisse ad un reato minore e, probabilmente, neppure commesso dallo stesso. Per conseguenza non necessaria né proporzionata è stata ritenuta la misura adottata e, dunque, per tale ragione è stata dichiarata la violazione dell’art. 8 CEDU.
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