Il combinato disposto dell’articolo 20 del regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, e dell’articolo 26 del regolamento (CE) n. 987/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16
settembre 2009, che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento n. 883/2004, relativo alle cure programmate, letto alla luce dell’articolo 56 TFUE, deve essere interpretato nel senso che: – le cure mediche ricevute in uno Stato membro diverso da quello in cui risiede la persona assicurata, per mera volontà di quest’ultima, con la motivazione che, a suo avviso, tali cure o cure che presentano lo stesso grado di efficacia non erano disponibili nello Stato membro di residenza entro un lasso di tempo accettabile sotto il profilo medico, rientrano nella nozione di «cure programmate», ai sensi di tali disposizioni, cosicché la fruizione di tali cure, alle condizioni previste
dal regolamento n. 883/2004, è subordinata, in via di principio, al rilascio di un’autorizzazione da parte dell’istituzione competente dello Stato membro di residenza; – la persona assicurata che ha ricevuto cure programmate in uno Stato membro diverso da quello in cui risiede, senza tuttavia aver richiesto un’autorizzazione dell’istituzione competente, conformemente all’articolo 20, paragrafo 1, di tale regolamento, ha diritto al rimborso, alle
condizioni previste da detto regolamento, dei costi di tali cure, se: – da un lato, tra la data di fissazione di un appuntamento, ai fini di un consulto medico e di un eventuale trattamento in un altro Stato membro, e la data in cui le cure di cui trattasi le sono state erogate in tale Stato membro, in cui ha dovuto spostarsi, tale persona si trovava, per motivi connessi, in particolare, al suo stato di salute o alla necessità di ricevervi tali cure urgentemente, in una situazione che le impediva di richiedere all’istituzione competente una siffatta autorizzazione o di attendere la decisione di detta istituzione su tale domanda, e – dall’altro lato, sono altresì soddisfatte le altre condizioni per il rimborso delle prestazioni in natura, ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 2, seconda frase, del medesimo regolamento. Spetta al giudice del rinvio effettuare le necessarie verifiche a tale riguardo. 2) L’articolo 56 TFUE e l’articolo 8, paragrafo 2, primo comma, lettera a), della direttiva 2011/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2011, concernente l’applicazione dei diritti dei pazienti relativi all’assistenza sanitaria transfrontaliera, devono essere interpretati nel
senso che ostano a una normativa nazionale che escluda, in assenza di autorizzazione preventiva, il rimborso, nei limiti della copertura garantita dal regime di assicurazione malattia dello Stato di affiliazione, delle spese di consultazione medica sostenute in un altro Stato membro. L’articolo 56 TFUE e l’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2011/24 devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale che, nel caso in cui la persona assicurata sia stata impossibilitata a richiedere una siffatta autorizzazione o non abbia potuto attendere la decisione dell’istituzione competente sulla domanda di autorizzazione presentata, per ragioni connesse al suo stato di salute o alla necessità di ricevere urgentemente cure ospedaliere o cure che richiedono l’utilizzo di apparecchiature mediche altamente specializzate e costose, anche qualora i presupposti
per un tale rimborso siano peraltro soddisfatti, escluda, in assenza di autorizzazione preventiva, il rimborso, nei limiti della copertura garantita dal regime di assicurazione malattia dello Stato di affiliazione, dei costi di cure siffatte che le sono state erogate in un altro Stato membro. 3) L’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 2011/24 deve essere interpretato nel senso che non osta a una normativa nazionale che preveda un periodo di tempo di 31 giorni ai fini del rilascio di un’autorizzazione preventiva per il rimborso di un’assistenza sanitaria transfrontaliera e di 23 giorni per negarla, laddove consenta al contempo all’istituzione competente di tener conto delle singole
circostanze e dell’urgenza del caso specifico.