L’attività di cartomanzia è lecita (Consiglio di Stato, sez. III, sent. 1 luglio 2020, n. 4189)

Non è vietata, ai sensi dell’art. 121 T.U.L.P.S., l’attività di cartomanzia che non sia esercitata con modalità truffaldine o comunque idonee ad abusare della credulità popolare. Infatti, secondo i giudici di Palazzo Spada, anche un servizio che, in apparenza, sia oggettivamente privo o comunque di indimostrabile utilità, quale può essere considerata l’attività divinatoria propria del cartomante, in quanto riconducibile alle cd. scienze occulte o esoteriche (per definizione non sottoponibili a prove di verificabilità), può rappresentare un bene “commerciabile”, perché idoneo a rispondere ad una esigenza, per quanto illusoria ed opinabile, meritevole di soddisfacimento e, in quanto tale, suscettibile di generare, in termini mercantili, una corrispondente “domanda”. Tale può essere, appunto, quella di chi cerchi l’alleviamento dei suoi dubbi esistenziali o la rassicurazione delle sue certezze nei “segni” ricavabili, attraverso la mediazione del cartomante, dalla lettura ed interpretazione delle “carte”.

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