Il Consiglio di Stato sul risarcimento del danno da ritardo dell’amministrazione (Consiglio di Stato, sez. II, sent. 25 maggio 2020, n. 3269)

Secondo il supremo consesso di giustizia amministrativa, il risarcimento del danno da ritardo dell’amministrazione nella conclusione del procedimento amministrativo non costituisce un effetto del ritardo in sé e per sé; infatti l’ingiustizia e la sussistenza stessa del danno non possono in linea di principio presumersi iuris tantum, in meccanica ed esclusiva relazione al ritardo o al silenzio nell’adozione del provvedimento amministrativo. Benché l’art. 2-bis Legge n. 241 del 1990, rafforzi la tutela risarcitoria del privato nei confronti della pubblica amministrazione, prevedendolo anche a prescindere dall’esito del procedimento, la domanda deve essere comunque ricondotta nell’alveo dell’art. 2043 c.c. per l’identificazione degli elementi costitutivi della responsabilità. La consulenza tecnica d’ufficio non può essere invocata per supplire al mancato assolvimento dell’onere probatorio da parte del privato. La consulenza tecnica non esonera, infatti, la parte dalla prova dei fatti dalla stessa dedotti e posti a base delle proprie richieste, fatti che devono essere dimostrati dalla medesima parte alla stregua dei criteri di ripartizione dell’onere della prova posti dall’art. 2697 c.c., avendo la funzione di fornire all’attività valutativa del giudice l’apporto di cognizioni tecniche non possedute, anche in relazione alle modalità di quantificazione di un danno già provato, al fine di verificare i criteri di quantificazione forniti dalle parti.

Redazione Autore