La Corte Edu si pronuncia sul caso riguardante il sig. Dragan Petrović, il quale, nell’ambito di una
indagine per omicidio, aveva subito da parte della polizia una perquisizione del proprio
appartamento ed il prelievo forzoso di un campione di DNA da saliva.
I Giudici di Strasburgo hanno riscontrato, innanzitutto, che il mandato di perquisizione era stato
sufficientemente specifico ed era stato assistito da garanzie adeguate ed efficaci contro eventuali
arbitrii durante la ricerca stessa: conferma di ciò si trae dalla circostanza che sia il ricorrente, che il
suo avvocato, che il proprietario dell’appartamento erano stati presenti durante la perquisizione
stessa.
Al contrario, si è ritenuto che il prelievo del campione di DNA da saliva non fosse avvenuto “secondo la legge”, ai sensi dell’art. 8 Cedu. La misura, invero, era stata eseguita ai sensi di un precedente codice di procedura penale, che autorizzava solo il prelievo di campioni di sangue, o l’esecuzione di “altre procedure mediche”. Tale codice era stato aggiornato nel 2011, con introduzione di nuove garanzie correlate ai tamponi di DNA dalla bocca (riferimento specifico alla possibilità di assunzione di tamponi orali, necessità di far eseguire il prelievo da un esperto, limitazione delle categorie di persone sottoponibili a tamponi anche in mancanza di consenso). Tale novella legislativa, secondo la Corte, porterebbe con sé un implicito riconoscimento della mancata previsione di tale misura nella precedente versione del testo normativo e, comunque, della necessità di una regolamentazione più rigorosa in questo settore.
Di qui la dichiarazione, all’unanimità, della mancata violazione dell’art. 8 (diritto al rispetto della vita privata) in relazione alla perquisizione eseguita da parte della polizia nell’appartamento del ricorrente; con sei voti contro uno, invece, è stata riconosciuta la violazione del medesimo art. 8 in relazione al prelievo di un campione di DNA da saliva.