Il Consiglio di Stato sul concetto di varianti edilizie in senso proprio (Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 20 gennaio 2020, n. 494)

Il concetto di variazione essenziale, che attiene alla modalità di esecuzione delle opere, va distinto dalle “varianti” che invece riguardano la richiesta di una variazione del titolo autorizzativo. Mentre le varianti in senso proprio, ovvero le modificazioni qualitative o quantitative di non rilevante consistenza rispetto al progetto approvato, tali da non comportare un sostanziale e radicale mutamento del nuovo elaborato rispetto a quello oggetto di approvazione, sono soggette al rilascio di permesso in variante, complementare ed accessorio, anche sotto il profilo temporale della normativa operante, rispetto all’originario permesso a costruire, le varianti essenziali, ovvero quelle caratterizzate da incompatibilità quali-quantitativa con il progetto edificatorio originario rispetto ai parametri indicati dall’art. 32 del d. P.R. n. 380 del 2001, sono soggette al rilascio di permesso a costruire del tutto nuovo ed autonomo rispetto a quello originario e per il quale valgono le disposizioni vigenti al momento di realizzazione della variante. Nel caso di variante essenziale il problema si concentra nella necessità o meno di nuovo titolo, che deve quindi considerare l’eventuale diversa normativa sopravvenuta; la variante invece si riferisce al titolo originario senza nuova valutazione della normativa vigente.

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