La Suprema Corte di Cassazione, in materia di licenziamenti, ha affermato la validità del principio del ne bis in idem in caso di esercizio del potere disciplinare da parte del datore di lavoro. In particolare, in forza del predetto principio, il datore di lavoro non può esercitare per una seconda volta il potere disciplinare verso il lavoratore quando incide sui medesimi fatti, anche complessivamente considerati. Non si può irrogare la sanzione e adottare il provvedimento disciplinare per la stessa condotta, giacchè proprio lo stesso potere disciplinare precedentemente esercitato, risulterebbe esaurito con la prima azione disciplinare posta in essere in forza del c.d. principio di consunzione. Difatti la Corte “in tema di licenziamento, qualora il datore di lavoro abbia esercitato validamente il potere disciplinare nei confronti del prestatore di lavoro in relazione a determinati fatti, complessivamente considerati, non può esercitare, una seconda volta, per quegli stessi fatti singolarmente considerati, il detto potere ormai consumato anche sotto il profilo di una sua diversa valutazione o configurazione giuridica, essendogli consentito soltanto di tener conto delle sanzioni eventualmente applicate, entro il biennio, ai fini della recidiva. Ed infatti (Cass., n. 27657 del 2018) per il principio di consunzione del potere disciplinare ed in linea con quanto affermato dalla Corte EDU, nella sentenza 4.3.2014, Grande Stevens ed altri c. Italia, (che ha sancito la portata generale, estesa a tutti i rami del diritto “punitivo”, del divieto di “ne bis in idem”), che una identica condotta sia sanzionata più volte a seguito di una diversa valutazione o configurazione giuridica”.
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