La delibera regionale non ha un carattere discriminatorio, anzitutto per la sua genericità e per avere correttamente messo in relazione la impossibilità di identificare una persona, in quanto con volto coperto, in determinati luoghi pubblici con problemi di ordine pubblico e sicurezza (che i gravissimi attentati in luoghi pubblici avevano reso ancor più evidenti, destando vivo allarme sociale), senza che vi sia stata alcuna violazione di riserva di legge, avendo la delibera richiamato espressamente la legge 152/75 (c.d. legge Reale). Inoltre, per le caratteristiche dei luoghi e la grande frequentazione di utenti è molto difficile prevedere forme di identificazione quali quelle negli aeroporti e negli uffici pubblici e, in ogni caso, non vi sono atti amministrativi che li prevedano; d’altra parte la domanda avanzata dalle parti appellanti della immediata rimozione dei cartelli non appare a sua volta soluzione proporzionata, lasciando irrisolto il problema della sicurezza pubblica che ha ispirato la delibera in questione. La Corte condivide pertanto l’impostazione del Tribunale che ha valutato come proporzionato e ragionevole lo “svantaggio” imposto dal cartello alle donne che indossano il velo integrale per motivi religiosi, in quanto limitato nel tempo e circoscritto nel luogo SSR e giustificato da ragioni di pubblica sicurezza. (a conferma di quanto già stabilito Trib. Milano, sent. 20 aprile 2017).
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