È legittima la partecipazione del coniuge a un concorso universitario in un dipartimento dove l’altro coniuge è docente o ricopre un ruolo di spicco (Corte cost., sent. 6 marzo 2019 – 9 aprile 2019, n. 78)

Non sono fondate la questioni di legittimità costituzionale dell’art. 18, comma 1, lettera b), ultimo periodo, della legge 30 dicembre 2010, n. 240, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione nella parte in cui non prevede tra le condizioni che impediscono la partecipazione ai procedimenti di chiamata dei professori universitari il rapporto di coniugio con un docente appartenente al dipartimento o alla struttura che effettua la chiamata, ovvero con il rettore, il direttore generale o un componente del consiglio di amministrazione dell’ateneo. La norma impugnata, al fine di tutelare l’imparzialità della selezione, elenca situazioni di rigida incandidabilità, espressione di un bilanciamento fra il diritto di ogni cittadino a partecipare ai concorsi universitari e le ragioni dell’imparzialità, che è tutto improntato alla prevalenza di tali ragioni. Che essa non includa il coniugio come motivo di incandidabilità degli aspiranti alla chiamata non può ritenersi irragionevole. Il coniugio richiede, infatti, un diverso bilanciamento, ponendo a fronte dell’imparzialità non soltanto il diritto a partecipare ai concorsi, ma anche le molteplici ragioni dell’unità familiare, esse stesse costituzionalmente tutelate. Sono infatti fuor di dubbio le peculiarità del vincolo matrimoniale rispetto a tutte le altre situazioni personali contemplate dalla disposizione censurata. Il matrimonio si caratterizza per l’elemento volontaristico, mancante negli altri rapporti considerati dalla norma, e comporta convivenza, responsabilità e doveri di cura reciproca e dei figli, così come previsto dal codice civile. In questa prospettiva, la comune residenza coniugale costituisce elemento di garanzia dell’unità familiare. Secondo la Corte risulta più aderente alla tutela dei molteplici interessi coinvolti un bilanciamento che affidi la finalità di garantire l’imparzialità, la trasparenza e la parità di trattamento nelle procedure selettive a meccanismi meno gravosi, attinenti ai componenti degli organi cui è rimessa la valutazione dei candidati.

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