La Corte Costituzionale ribadisce la prevalenza assiomatica della tutela dell’ambiente e del paesaggio sugli interessi urbanistico-edilizi e la correlata competenza statale a dichiarare un bene di interesse paesaggistico anche quando la Regione sia contraria (Corte cost., sent. 23 giugno-27 luglio 2021, n. 164)

Con la sentenza n. 164 del 2021 la Corte costituzionale, nel risolvere un conflitto di attribuzione intersoggettivo proposto dalla regione Veneto contro la decisione statale di riconoscere l’interesse paesaggistico di una vasta area del Comelico (comprendente anche diversi comuni dell’Alto Cadore), ha reputato tale atto non lesivo delle competenze legislative e amministrative che sono attribuite alle Regioni dagli artt. 117, commi terzo e quarto, e 118 della Costituzione in materia di valorizzazione dei beni culturali e ambientali e governo del territorio. Le Regioni possono, infatti, pianificare lo sviluppo del proprio territorio con scelte di carattere urbanistico solo nel caso in cui queste ultime rispettino i vincoli posti dallo Stato per la tutela dei beni di valore paesaggistico. La tutela paesaggistica e ambientale – in conformità a quanto più volte ribadito dalla pregressa giurisprudenza costituzionale – deve ritenersi “assiomaticamente” prevalente sugli interessi urbanistico-edilizi. Da ciò consegue che lo Stato possa adottare la dichiarazione di interesse paesaggistico di un bene anche quando la Regione sia contraria. In attuazione di tali principi il legislatore ordinario si è ispirato ad una logica incrementale delle tutele che è del tutto conforme al carattere primario del bene ambientale, cui peraltro si riferisce, collocato fra i principi fondamentali della Repubblica, l’art. 9 Cost. Tale logica, dal lato della Regione, opera sul piano procedimentale per addizione, e mai per sottrazione, nel senso che la competenza regionale può essere spesa al solo fine di arricchire il catalogo dei beni paesaggistici, in virtù della conoscenza che ne abbia l’autorità più vicina al territorio ove essi sorgono, e non già di alleggerirlo in forza di considerazioni confliggenti con quelle assunte dallo Stato, o comunque mosse dalla volontà di affermare la prevalenza di interessi opposti, facenti capo all’autonomia regionale, come accade nel settore del governo del territorio.
Per questa ragione, è conforme al riparto costituzionale delle competenze che il piano paesaggistico regionale – ove non sia la sede di diversi apprezzamenti legati anche alla dimensione urbanistica del territorio – è tenuto a recepire le scelte di tutela paesaggistica, senza capacità di alterarle neppure sul piano delle prescrizioni d’uso. Altrimenti, esso potrebbe divenire l’occasione per ridurre lo standard di tutela dell’ambiente in forza di interessi divergenti, anziché la sede deputata a collocare armonicamente siffatti interessi sub-valenti nella cornice già intagliata secondo la preminente prospettiva della conservazione del paesaggio.

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