La Corte di Giustizia si pronuncia in tema di organizzazione dell’orario di lavoro e di attività esercitate da militari (CGUE, Grande Sezione, Sentenza 15 luglio 2021, C-742/19)

L’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, letto alla luce dell’articolo 4, paragrafo 2, TUE, deve essere interpretato nel senso che un’attività di guardia svolta da un militare è esclusa dall’ambito di applicazione di tale direttiva: quando tale attività ha luogo nell’ambito della sua formazione iniziale, di un addestramento operativo o di un’operazione militare propriamente detta, oppure quando essa costituisce un’attività particolare a tal punto da non prestarsi a un sistema di avvicendamento degli organici che consenta di garantire il rispetto delle esigenze della detta direttiva, oppure quando risulta, alla luce di tutte le circostanze pertinenti, che
tale attività è svolta nell’ambito di eventi eccezionali, la cui gravità e la cui ampiezza richiedono l’adozione di misure indispensabili alla tutela della vita, della salute e della sicurezza della collettività e la cui corretta esecuzione sarebbe compromessa se dovessero essere rispettate tutte le
norme previste dalla detta direttiva, oppure quando l’applicazione della detta direttiva a una siffatta attività, imponendo alle autorità interessate di istituire un sistema di avvicendamento o di pianificazione dell’orario di lavoro, potrebbe avvenire solo a discapito del corretto svolgimento delle
operazioni militari propriamente dette. L’articolo 2 della direttiva 2003/88 deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che un periodo di guardia nel corso del quale un militare è tenuto a rimanere all’interno della caserma cui è assegnato, ma non vi svolga un lavoro effettivo, sia retribuito
in modo diverso da un periodo di guardia durante il quale egli effettua prestazioni di lavoro effettivo.

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