Carcere duro ex art. 41-bis e proroga del regime (Cass. pen., Sez. I, 27 ottobre – 12 novembre 2020, n. 31785)

Il decreto applicativo o di proroga del regime detentivo del cd. “carcere duro” di cui all’art. 41-bis Ord. Pen., comma 2-bis (L. 354/1975, nel testo introdotto dalla l. n. 279 del 2002, art. 2) deve essere dotato di congrua e propria motivazione in ordine alla sussistenza o persistenza dei presupposti per la sottoposizione al regime detentivo differenziato. È, invero, necessario un vaglio giudiziale ancorato alla situazione personale concreta ed alla reale e attuale pericolosità sociale consistente, con particolare riferimento alla espiazione della pena per la commissione di reati associativi, nella capacità di mantenere collegamenti con i sodalizi criminali di appartenenza. Al riguardo, la proroga del regime ex art. 41-bis l. cit. attuata con decreto ministeriale postula l’accertamento della persistenza della capacità del condannato di tenere contatti con l’associazione di riferimento, non già l’effettivo mantenimento di tali relazioni. Tale accertamento si sostanzia in un ponderato apprezzamento di merito involgente tutti gli elementi rivelatori della permanenza delle condizioni di pericolo già in origine poste a fondamento del suddetto regime, fermo restando che grava sull’amministrazione penitenziaria l’onere di provare che le condizioni giustificanti la sottrazione al regime ordinario permangono, mentre non sussiste un onere a carico del condannato di offrire prova della cessazione di tale pericolo.

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