La Corte di giustizia si pronuncia in tema di presunzione di un collegamento fra il rifiuto di prestare servizio militare e il diritto al riconoscimento dello status di rifugiato (CGUE, Sezione sesta, Sentenza 19 novembre 2020, C-238/19)

L’articolo 9, paragrafo 2, lettera e), della direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta, deve essere interpretato nel senso che esso non osta, qualora la legislazione dello Stato di origine non preveda la possibilità del rifiuto di prestare servizio militare, a che tale rifiuto sia considerato accertato nel caso in cui l’interessato non abbia formalizzato il suo rifiuto seguendo una determinata procedura e sia fuggito dal suo paese di origine senza presentarsi alle autorità militari. L’articolo 9, paragrafo 2, lettera e), della direttiva 2011/95 deve essere interpretato nel senso che, per una persona soggetta all’obbligo di leva che rifiuta di prestare servizio militare in un conflitto, ma che non è a conoscenza dell’ambito dei suoi futuri interventi militari, in un contesto
di aperta guerra civile caratterizzato dalla commissione ripetuta e sistematica di crimini, reati o atti di cui all’articolo 12, paragrafo 2, della medesima direttiva da parte dell’esercito mediante l’impiego di militari di leva, lo svolgimento del servizio militare comporterebbe la partecipazione, diretta o indiretta, alla commissione di tali crimini, reati o atti, a prescindere dall’ambito dei suoi interventi. L’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 2011/95 deve essere interpretato nel senso che esso impone
l’esistenza di un collegamento tra i motivi di cui all’articolo 10 di tale direttiva e le azioni giudiziarie e le sanzioni penali di cui all’articolo 9, paragrafo 2, lettera e), di detta direttiva. Il combinato disposto dell’articolo 9, paragrafo 2, lettera e), e dell’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 2011/95 deve essere interpretato nel senso che l’esistenza di un collegamento tra i motivi di cui all’articolo 2, lettera d), nonché all’articolo 10 di tale direttiva e le azioni giudiziarie e le sanzioni penali in conseguenza al rifiuto di prestare servizio militare contemplate all’articolo 9, paragrafo 2, lettera e), di detta direttiva non può essere considerata come accertata per il solo fatto che tali azioni giudiziarie e tali sanzioni penali sono collegate a tale rifiuto. Tuttavia, sussiste una forte presunzione che il
rifiuto di prestare servizio militare alle condizioni precisate all’articolo 9, paragrafo 2, lettera e), della medesima direttiva si ricolleghi a uno dei cinque motivi indicati all’articolo 10 di quest’ultima. Spetta alle autorità nazionali competenti verificare, alla luce di tutte le circostanze di cui trattasi, la plausibilità di tale collegamento.

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