La CEDU su detenzione e trattamenti degradanti (CEDU, sez. III, sent. 31 marzo 2020, ric. n. 82284/17)

La Corte Edu si pronuncia sul caso riguardante un cittadino belga affetto da un disturbo psicologico, il quale aveva compiuto diversi tentativi di suicidio durante i due periodi trascorsi in detenzione preventiva nella prigione di Arlon.
I Giudici di Strasburgo, dopo aver ammesso l’applicabilità al caso di specie dell’art. 2 Cedu – avendo i ripetuti tentativi di suicidio del sig. Jeant esposto la sua vita ad un rischio reale ed imminente – hanno, tuttavia, riconosciuto l’adeguatezza delle misure adottate dalle autorità interne per impedire al medesimo il compimento del proprio intento suicida e, dunque, a tutela della sua vita.

La Corte ha, inoltre, riscontrato che il sig. Jeanty aveva sofferto angoscia e difficoltà ad un livello di intensità superiore all’inevitabile sofferenza connessa allo stato di detenzione: in particolare, tale stato era conseguenza non solo della mancanza di cure e di controllo medico durante i due periodi di detenzione, ma anche della decisione di collocarlo in una cella di isolamento per tre giorni, quale misura disciplinare, nonostante i suoi ripetuti tentativi di suicidio. La Corte, infine, ha ravvisato l’inefficacia dell’indagine condotta dalle autorità interne sul caso di specie.

È stata così, esclusa a maggioranza la violazione dell’art. 2 (diritto alla vita) e dichiarata, all’unanimità, la violazione dell’art. 3 (divieto di trattamenti inumani o degradanti), sotto il profilo sia sostanziale che procedurale.

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