Caporalato: esclusi profili di incostituzionalità (Cass. pen., Sez. IV, 30 novembre 2022 – 7 marzo 2023, n. 9473)

In tema di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (art. 603-bis c.p., cd. “caporalato”), è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dal ricorrente, rispetto ai due profili attinenti al trattamento sanzionatorio e alla determinatezza della fattispecie. Quanto al primo aspetto, va ribadito che le scelte legislative in materia sanzionatoria penale sono censurabili, in sede di sindacato di legittimità costituzionale, solo ove trasmodino nella manifesta irragionevolezza o nell’arbitrio, ipotesi che difetta nel caso di specie, poiché la norma incriminatrice di cui all’art. 603 bis cod. pen. tutela il bene giuridico della dignità del lavoratore e risponde alla ratio di reprimere il fenomeno del c.d. “caporalato” e di impedire che i lavoratori possano venire assoggettati a condizioni di sfruttamento. Pertanto, la risposta sanzionatoria è ragionevole in quanto modellata sulle esigenze di contrasto ad una fenomenologia assai frequente nella prassi, che lede un interesse costituzionalizzato dall’art. 36 Cost. e che si iscrive nell’orizzonte più generale della tutela della dignità umana nell’esercizio dell’attività lavorativa. Quanto al profilo della tecnica legislativa adoperata nella descrizione del precetto, è da escludersi ogni vulnus ai principi di tassatività e determinatezza, poiché la norma fa riferimento agli indici di cui al comma terzo proprio al fine di riempire di contenuto concreto il concetto di sfruttamento; concetto alla cui delimitazione ha contribuito l’apporto giurisprudenziale, chiarendo che gli indici di cui al comma terzo rappresentano meri “sintomi” e, cioè, criteri-guida che il giudice valuta al fine di stabilire se ricorra o meno la predetta condizione di sfruttamento. Dunque, tali indici non rappresentano un elenco tassativo, non precludendo l’individuazione di altre condotte che integrino la fattispecie di abuso, posto che essi costituiscono meri indicatori della sussistenza del fatto tipico. In conclusione, si è in presenza di «un’architettura normativa e concettuale pienamente in linea con il dettato costituzionale».

Redazione Autore