Con ordinanza n. 212 del 2022 la Corte costituzionale ha dichiarato l’inammissibilità di un ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti del Parlamento in seduta comune, promosso da una parlamentare che, in occasione della elezione del Presidente della Repubblica, non potendo accedere all’Aula a causa del suo rifiuto di sottoporsi al prescritto tampone antigenico e di esibire l’idonea certificazione verde, si è vista rigettare anche la richiesta di accesso alla postazione speciale, ubicata in un’area esterna alla sede della Camera, dedicata ai parlamentari e delegati regionali «sottoposti alla misura di isolamento in quanto positivi al Sars-CoV-2, o a quella della quarantena precauzionale in qualità di contatti stretti», con conseguente impedimento all’esercizio del diritto/dovere di voto. La Corte ha precisato che, ai fini dell’ammissibilità del conflitto, è necessario che il singolo parlamentare alleghi «una sostanziale negazione o un’evidente menomazione» (cfr. ord. n. 17/2019) delle proprie prerogative costituzionali e che, tale condizione, nel caso di specie, non è soddisfatta per non aver dimostrato se la certificazione e i presupposti che la consentono siano tali da costituire un effettivo impedimento all’esercizio delle attribuzioni proprie dei parlamentari (così, già ordinanze n. 256 e n. 255 del 2021). Il ricorso, infatti, si è limitato a generici cenni al carattere irragionevole e non necessario della misura, senza offrire elementi utili per valutare se l’adempimento richiesto fosse in effetti lesivo della prerogativa parlamentare o se (come in particolare sostenuto dal Consiglio di giurisdizione della Camera dei deputati in funzione di autodichia) la sottoposizione ad un tampone antigenico comporti una «invasività minima», comunque rientrando nell’«insieme di responsabilità, potestà, diritti e doveri che compongono lo status di parlamentare» (sentenza del Consiglio di giurisdizione n. 1 del 7 marzo 2022). in tal modo, il ricorso tace su un aspetto centrale, cioè sull’eventuale capacità lesiva della regola che subordina l’accesso alla sede della Camera al possesso della certificazione verde, anche tenuto conto delle diverse modalità a disposizione per il conseguimento della stessa. Invero, concentrandosi sul diniego opposto alla richiesta di accesso all’area esterna, il ricorso attira l’attenzione su un profilo eccentrico rispetto alla lamentata lesione delle attribuzioni del singolo parlamentare e, in ogni caso, non considera che anche al fine di limitare ulteriori rischi per la salute collettiva, la postazione di voto esterna è stata utilizzata unicamente per quanto di stretta necessità, consentendosi l’accesso ai soli parlamentari e delegati regionali risultati positivi al COVID-19 o individuati quali contatti stretti di positivi al COVID-19, cioè a soggetti che, altrimenti, non avrebbero potuto – questi sì, “in alcun modo” – partecipare all’elezione del Presidente della Repubblica.
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