L’acquisizione della cittadinanza non può essere negata per la morte del coniuge. (Corte costituzionale, sent. 26 luglio – 27 luglio 2022, n. 195)

Nella sentenza n. 195 la Corte costituzionale dichiarando l’illegittimità dell’articolo 5 della legge 5 febbraio 1992, n. 91 “nella parte in cui non esclude, dal novero delle cause ostative al riconoscimento del diritto di cittadinanza, la morte del coniuge del richiedente, sopravvenuta in pendenza dei termini previsti per la conclusione del procedimento di cui al successivo articolo 7, comma 1”, ha affermato che lo straniero (o l’apolide) che, in conseguenza del matrimonio con un cittadino italiano, abbia maturato i requisiti legali per chiedere la cittadinanza, non può vedersi negare il relativo provvedimento a causa della morte del coniuge verificatasi nel corso del procedimento per il riconoscimento del suo diritto.
Nella motivazione, la Corte ha spiegato che è irragionevole ed in contrasto con l’articolo 3 della Costituzione, negare la cittadinanza allo straniero (o all’apolide) sposato con un cittadino italiano ma rimasto vedovo dopo aver presentato l’istanza e prima della definizione del relativo procedimento. La morte è un evento del tutto indipendente sia dalla sfera di controllo del richiedente sia dalla ragion d’essere dell’attribuzione della cittadinanza. In particolare, “la morte, pur se scioglie il vincolo matrimoniale, non fa venire meno, tuttavia, la pienezza delle tutele, privatistiche e pubblicistiche, fondate sull’aver fatto parte di una comunità familiare, basata sulla solidarietà coniugale, e dunque non può inibire la spettanza di un diritto sostenuto dai relativi presupposti costitutivi”; tale è il diritto a ottenere la cittadinanza qualora siano maturati i prescritti requisiti di durata del matrimonio: due anni, se i coniugi risiedono in Italia, tre anni se risiedono all’estero, con un dimezzamento dei termini in presenza di figli. La norma che, dopo il decorso di questo periodo di tempo e dopo la presentazione dell’istanza di cittadinanza, ne inibisce il riconoscimento a causa dello scioglimento del vincolo matrimoniale derivante, durante il procedimento amministrativo, dalla morte del coniuge, è, dunque, del tutto irragionevole e risulta totalmente estranea anche all’esigenza di evitare possibili utilizzi strumentali del matrimonio.

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