La Corte costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittima l’estensione retroattiva alle società private scorporate del meccanismo di riscossione c.d. scalare inverso, non rinvenendone alcuna ragionevole giustificazione. La disposizione d’interpretazione autentica censurata (art. 1, comma 815, l. n.160/2019), infatti, assume il carattere di una norma dalla natura innovativa e dall’efficacia retroattiva, poiché “impone” una scelta che non è ascrivibile in alcun modo alle possibili varianti di senso delle norme che hanno introdotto il meccanismo “scalare inverso”. La Corte rileva, inoltre, che l’equivoco utilizzo della terminologia tipica delle leggi di interpretazione autentica, sebbene non sfociato in un’autoqualificazione, porta in ogni caso a identificare, quanto alla retroattività del novum introdotto dal suddetto comma 815, un primo indice di irragionevolezza. Il meccanismo de quo, infatti, era stato introdotto nello specifico intento di rispondere a particolari ed eccezionali esigenze riferibili solo ed esclusivamente agli agenti “pubblici” della riscossione e per i quali i termini per la presentazione delle comunicazioni di inesigibilità erano, al momento della sua entrata in vigore, ancora aperti, a differenza di quelli riferibili alle società private “scorporate”, che erano, invece, ormai scaduti. Non è dato, perciò, rinvenire alcuna ragionevole giustificazione della disposizione censurata, che anzi, rispetto alla «linea di politica del diritto giudicata più opportuna dal legislatore» (sentenza n. 39 del 2021), si presenta irrimediabilmente contraddittoria, nonché inidonea a radicare alcun affidamento tutelabile. Per i giudici costituzionali, dunque, il citato art. 1, comma 815, nella misura in cui si salda alle disposizioni che disciplinano il meccanismo “scalare inverso” ampliandone retroattivamente la portata, non riesce a superare il controllo di ragionevolezza che, pertanto, ne hanno dichiarata l’illegittimità costituzionale per violazione dell’art. 3 Cost. Conclude la Corte con il monito al legislatore di evitare nel futuro interventi di “rottamazione” o “stralcio” contrari al valore costituzionale del dovere tributario e tali da recare pregiudizio al sistema dei diritti civili e sociali tutelati dalla Costituzione (cfr. sentenza n. 288 del 2019).
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