Il Consiglio di Stato si pronuncia in materia di esplicazione della libertà di manifestazione del pensiero, nella peculiare ipotesi in cui questa si avvale del mezzo pubblicitario. Più specificamente, l’intervento dei Giudici di Palazzo Spada ha riguardato i limiti di esercizio del potere dell’amministrazione, nell’occasione estrinsecatosi nella determinazione del Comune di Roma volta a imporre la rimozione di manifesti ritenuti offensivi della libertà della donna all’interruzione volontaria della gravidanza. Nel respingere l’appello delle associazioni che avevano provveduto alla divulgazione e all’affissione dei manifesti, il Collegio ha precisato che la libertà di manifestazione del pensiero, specie nelle estrinsecazioni maggiormente idonee a raggiungere una platea di destinatari numerosa e indifferenziata, “incontra i limiti della continenza espressiva dei contenuti, nonché dei principi di prudenza e precauzione volti ad evitare impatti sulla sensibilità dei fruitori del messaggio”. In questo senso, si configurano come legittimi gli interventi delle amministrazioni volti a inibire la diffusione di messaggi promozionali a condizione che dalle motivazioni dei provvedimenti restrittivi possano evincersi, in termini completi e inequivocabile, le cause per le quali i contenuti o le modalità espressive possono risultare pregiudizievoli per i potenziali fruitori del messaggio pubblicitario e per i relativi diritti di pari dignità costituzionale. Su detti assunti, il Consiglio di Stato è arrivato a chiosare che il diritto alla libertà di espressione va sempre e comunque valutato alla luce dei principi di proporzionalità e pertinenza.
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