La CEDU sul diritto di critica degli avvocati nei confronti dei magistrati (CEDU, sez. V, sent. 16 maggio 2024, ric. n. 36681/23)

All’origine della pronuncia della Corte si pone il ricorso presentato da un avvocato
lussemburghese il quale ha lamentato la violazione dell’art. 10 della Convenzione Edu circa la
garanzia della libertà di espressione a seguito della condanna ad esso inflitta per avere inviato una
mail in cui rivolgeva critiche ad un magistrato.
A tal riguardo, atteso che l’ingerenza era prevista dalla legge e che il suo scopo era quello di
tutelare l’autorità e l’imparzialità della magistratura, resta da verificare se tale limitazione fosse
“necessaria in una società democratica”.
In proposito, la Corte ricorda che, al di fuori dell’ipotesi di attacchi gravemente pregiudizievoli e
privi di serio fondamento, data la loro appartenenza alle istituzioni fondamentali dello Stato, i
magistrati possono essere, in quanto tali, oggetto di critica personale entro limiti ammissibili, e non
solo in modo teorico e generale.
Nel caso di specie, le dichiarazioni del ricorrente, sebbene avessero una connotazione francamente
dispregiativa e fossero formulate in tono critico nei confronti del giudice, non potevano tuttavia
essere qualificate come ingiuriose ai sensi dell’articolo 10 della Convenzione; prese come
dovrebbero essere, nel loro contesto, le espressioni utilizzate dal ricorrente non possono essere
considerate come un “attacco personale gratuito” diretto contro il giudice.
Pertanto, sebbene inappropriate, le espressioni contestate non rientrano certamente nell’ambito
penale e le sanzioni inflitte al ricorrente non possono essere giustificate.
In conclusione, la Corte ha ritenuto che la condanna del ricorrente non fosse proporzionata allo
scopo legittimo perseguito e che, per conseguenza, non fosse “necessaria in una società
democratica”, determinandosi quindi una violazione dell’articolo 10 della Convenzione.

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