L’art. 17, comma 3, del decreto del Presidente del Consiglio di Stato del 28 luglio 2021, che
consente l’accesso al fascicolo digitale, previa autorizzazione del giudice, a coloro che intendano
intervenire volontariamente nel processo, non si pone in contrasto con la disciplina primaria, non
alterando i presupposti e le condizioni dell’istituto processuale dell’intervento, i quali restano
disciplinati dagli articoli 28, 50, 51, 97, 102, comma 2, 109, comma 2, c.p.a.; la facoltà di accesso al
fascicolo, infatti, è funzionale al diritto di difesa, perché consentire al terzo unicamente la
possibilità di intervenire «al buio» ‒ oltre che non rispondere a canoni deflattivi e di ordinato
svolgimento del contenzioso ‒ si tradurrebbe in una ingiustificata ed eccessiva restrizione del
diritto di difesa di chi aspira a conoscere gli atti di un processo in cui non è stato evocato. Inoltre, la
norma in questione non viola la disciplina in materia di protezione dei dati personali, atteso che, in
base al diritto dell’Unione europea, il divieto di trattamento non opera se «è necessario per
accertare, esercitare o difendere un diritto in sede giudiziaria o ogniqualvolta le autorità
giurisdizionali esercitino le loro funzioni giurisdizionali»