Nell’ambito di un giudizio preventivo di costituzionalità, il Tribunale costituzionale ha giudicato
la disciplina di un regime transitorio delle richieste di naturalizzazione di discendenti di ebrei
sefarditi portoghesi espulsi dal Portogallo alla fine del XV secolo.
Il regime di concessione della cittadinanza a questi ultimi era stato introdotto dalla Legge organica
n. 1/2013, ai sensi della quale il Governo può concedere loro la cittadinanza per naturalizzazione,
con esenzione da certi requisiti (residenza legale e sufficiente conoscenza della lingua portoghese),
mediante la dimostrazione di una tradizione di appartenenza a una comunità sefardita di origine
portoghese, sulla base di comprovati requisiti oggettivi di legame con il Portogallo, ovvero
cognomi, lingua della famiglia, discendenza diretta o collaterale.
Il Decreto n. 134/XV dell’Assemblea della Repubblica mira a riformare tale regime, stabilendo un
requisito di residenza legale che comporta un legame effettivo con il Portogallo, e al contempo
porrebbe un regime transitorio.
In particolare, secondo la disciplina transitoria, la tradizione di appartenenza a una comunità
sefardita di origine portoghese si potrebbe dimostrare, oltre che sulla base degli elementi già
previsti dalla legislazione vigente, anche sulla base dei seguenti: a) titolarità, trasmessa mortis
causa, di diritti reali su beni immobili situati in Portogallo, altri diritti personali di godimento o
partecipazioni in società commerciali o cooperative con sede in Portogallo; oppure b) viaggi
regolari in Portogallo durante tutta la vita del richiedente, che attestino un legame effettivo e
duraturo con il Portogallo; oppure c) possesso di un permesso di soggiorno per più di un anno.
La disciplina più restrittiva si applicherebbe, dunque, dopo il periodo transitorio, e per il periodo
transitorio si applicherebbe un regime tendenzialmente assimilabile a quello attualmente in vigore,
con alcune differenze.
Ritenendo che la disciplina non violi le legittime aspettative dei richiedenti né il principio di
affidamento, che concorre allo Stato di diritto, di cui all’art. 2 della Costituzione, non metta a
rischio la vita e la dignità della persona, né ponga restrizioni di diritti, libertà e garanzie, il
Tribunale ha stabilito di non giudicare incostituzionale la disciplina.