Il P.M. può modificare l’imputazione in udienza mediante la contestazione di un’aggravante che rende il reato procedibile di ufficio (Cass. Pen. Sez. IV, 22 novembre-29 novembre 2023, n. 47769)

In caso di giudizio per il reato di furto aggravato ex articolo 625, comma l, numero 2, del Cp,
pur essendo decorso il termine previsto dall’art. 85, comma 1, del decreto legislativo n. 150
del 2022 senza che la persona offesa abbia presentato querela, il pubblico ministero di
udienza, prima della declaratoria di improcedibilità per difetto di querela, può modificare
l’imputazione, procedendo alla contestazione suppletiva di una circostanza aggravante
ulteriore che renda in astratto il reato procedibile di ufficio (nella specie, relativa a furto di
energia elettrica, quella di cui all’articolo 625, comma l, numero 7, del Cp, per essere stato il
fatto commesso su cose destinate a pubblico servizio). Ciò sul presupposto che il pubblico
ministero non ha la mera facoltà, bensì il potere-dovere di esercitare proseguire l’azione
penale per fatto-reato correttamente circostanziato, anche in assenza di sopravvenienze
dibattimentali all’uopo rilevanti: il potere di precisazione della contestazione, infatti,
immediatamente derivante dal principio costituzionale dell’obbligatorietà dell’azione
penale di cui all’articolo 112 della Costituzione, non ammette alcuna preclusone correlata
alla preesistenza, rispetto all’apertura del dibattimento, degli elementi di fatto che portano
alla modifica dell’imputazione di cui all’articolo 516 del Cpp e alla contestazione di un reato
concorrente o di una circostanze aggravante di cui all’articolo 517 del Cpp, poiché le nuove
contestazioni possono essere effettuate dopo l’avvenuta apertura del dibattimento e prima
dell’espletamento dell’istruzione dibattimentale, e dunque anche sulla sola base degli atti
già acquisiti dal pubblico ministero nel corso delle indagini preliminari.

Redazione Autore