False autocertificazioni “Covid”: inoperatività del nemo tenetur se detegere (Cass. pen., Sez. V, 31 maggio – 21 agosto 2023, n. 35276)

Configura il delitto ex art. 483 c.p., in combinato disposto con gli artt. 46, 47 e 76 del d.P.R.
445/2000, la falsa autodichiarazione in ordine al motivo dello spostamento dalla propria
abitazione nel periodo segnato dall’epidemia da Covid-19, per come richiesta dalla normativa
allora vigente.
Non opera, in siffatte ipotesi, non può operare l’esimente ispirata al principio nemo tenetur se detegere – dogmaticamente riconducibile alla scriminante dell’esercizio di un diritto ex art. 51 c.p. -, in quanto
essa si qualifica come diritto di ordine processuale che non dispiega i suoi effetti al di fuori del
processo penale, ma opera esclusivamente nell’ambito di un procedimento penale già attivato.
Ed allora, tale principio di matrice processuale non dispiega effetti nel caso di compilazione mendace
dell’autocertificazione, trattandosi di una dichiarazione di rilievo meramente amministrativo
che non costituisce ex se una denuncia a proprio carico, ma alla quale solo in via eventuale potranno
seguire accertamenti in merito alla veridicità o meno dei fatti ivi attestati e alla loro possibile
rilevanza penale.

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