Il Consiglio di Stato si pronuncia sui profili valutativi ed aspetti istruttori del provvedimento di concessione della cittadinanza italiana (Consiglio di Stato, Sez. III, sent. del 11 luglio 2023, n. 6791)

Il provvedimento di concessione della cittadinanza italiana, ai sensi dell’art. 9, comma 1, lettera f),
della legge n. 91 del 1992, è connotato da elevata discrezionalità e sorretto da una valutazione di
opportunità politico-amministrativa, informata a principi di cautela.
Atteso che l’acquisizione della cittadinanza comporta l’inserimento, a tutti gli effetti, nella
collettività nazionale, tale valutazione deve necessariamente basarsi su un complesso di
circostanze atte a dimostrare l’avvenuta stabile integrazione del richiedente nel tessuto sociale
sotto il profilo delle condizioni lavorative, economiche, familiari e di irreprensibilità della
condotta, da un punto di vista civile e penale.
L’amministrazione ha, peraltro, il potere di valutare anche fatti oggetto di mera comunicazione di
reato, di archiviazione in sede penale, di assoluzione o integranti reati poi estinti o depenalizzati,
in quanto comunque rivelatori di una non piena adesione ai valori della convivenza civile nonché
rilevanti per la sicurezza e l’ordinato svolgimento della vita sociale.
In questa evenienza, è, però, ineludibile un adeguato approfondimento istruttorio diretto ad
accertare se e quali siano gli sviluppi delle denunce richiamate e poste a base della valutazione
negativa.
Occorre, altresì, un’ampia motivazione che dia conto delle ragioni, per le quali quei fatti in astratto
penalmente rilevanti possano ritenersi comunque ostativi al rilascio della cittadinanza, in quanto
tali da far venir meno quel requisito dello status illesae dignitatis morale e civile richiesto nel
soggetto richiedente; non essendo sufficiente una mera rilevazione acritica delle pendenze nella
loro asettica storicità, senza alcun autonomo ed effettivo vaglio critico.

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