Nel caso deciso dalla Corte EDU, i ricorrenti hanno lamentato la violazione degli articoli 2 e 13 della Convenzione per le patite sofferenze morali derivanti dalla mancanza di informazioni sulla sorte dei loro parenti rapiti da agenti dello Stato e poi giustiziati in uno scontro a fuoco organizzato. Gli stessi hanno altresì denunziato l’inadeguatezza e l’inefficienza delle indagini svolte. Proprio questo secondo profilo è stato esaminato dalla Corte e, in primo luogo, essa ha verificato se l’indagine condotta abbia rispettato o meno i requisiti della Convenzione. Per questa via, i giudici di Strasburgo hanno appurato una serie di elementi in forza dei quali hanno dichiarato la violazione dell’obbligo procedurale dello Stato ai sensi dell’articolo 2 CEDU. In particolare, essi hanno constatato il notevole ritardo col quale l’istruttoria è stata avviata nonché l’omissione di taluni atti dovuti, come interrogatori e identificazione degli agenti di polizia, ed ancora la mancanza di un apparato probatorio plausibile e congruente rispetto alla causa del decesso delle vittime. Tra le questioni più dubbie che le indagini non hanno chiarito vi è, come sottolineato dalla Corte, quella relativa alle informazioni – ottenute nel 2016 – sull’esatta identità dei deceduti, ancorché la loro effettiva identificazione, tramite rilevazione del DNA, sia avvenuta nel 2018. Il suddetto quadro ha lasciato emergere, pertanto, l’ingiustificato e non assolutamente necessario uso della forza letale contro le vittime e, di conseguenza, la Corte ha dichiarato la violazione dell’articolo 2 della Convenzione anche sotto il suo aspetto sostanziale.
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