Secondo i Supremi giudici amministrativi, l’istituto del vincolo di aggiudicazione, come normato dall’art. 51, comma 3, d.lgs. n. 50 del 2016, può avere una duplice finalità, indicata dal considerando 79 della direttiva 2014/24/UE, che facoltizza le stazioni appaltanti a restringere il numero dei lotti aggiudicabili al medesimo operatore economico “allo scopo di salvaguardare la concorrenza o per garantire l’affidabilità dell’approvvigionamento”: conseguentemente, la norma attributiva del potere (concepito in termini di mera facoltà) di imporre il vincolo di aggiudicazione non attribuisce alla singola stazione appaltante la sola facoltà di frammentare gli affidamenti per “garantire una maggiore efficacia delle prestazioni”, ma anche il potere di limitare la concentrazione di commesse pubbliche in capo ai medesimi soggetti, nel contesto di una disposizione (il citato art. 51) che ha proprio la finalità di escludere concentrazioni. Pertanto, pur nell’apparente diversità soggettiva delle offerte presentate per lotti diversi, plurimi ed univoci indici sintomatici rivelino il dato oggettivo della sostanziale unicità dell’offerta prestazionale, si è in presenza non un mero collegamento societario, ma piuttosto di una sostanziale identità imprenditoriale e financo aziendale dietro lo schermo formale di una apparente diversità soggettiva; in tal caso l’applicazione del vincolo di aggiudicazione risponde non solo a tutelare l’interesse proconcorrenziale, ma anche a proteggere l’affidamento riposto dal committente sulle reali caratteristiche imprenditoriali dello specifico soggetto tenuto a rendere la prestazione.
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