L’esenzione IMU sulla prima casa spetta al possessore che vi risieda o dimori abitualmente, indipendentemente dal nucleo familiare (Corte costituzionale, sent. 13 ottobre 2022, n. 209)

Con la sentenza n. 209 la Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo l’articolo 13, comma 2, quarto periodo, del decreto-legge n. 201/2011 là dove parlando di «nucleo familiare» finiva per penalizzarlo, contrastando con
gli articoli 3, 31 e 53 della Costituzione. La Corte ha affermato che «nel nostro ordinamento costituzionale non possono trovare cittadinanza misure fiscali strutturate in modo da penalizzare coloro che, così normalizzando il proprio rapporto, decidono di unirsi in matrimonio o di costituire una unione civile». L’illegittimità è stata estesa anche ad altre norme, in particolare a quelle che, per i componenti del nucleo familiare, limitano l’esenzione ad uno solo degli immobili siti nel medesimo comune e che prevedono che essi optino per una sola agevolazione quando hanno residenze e dimore abituali diverse. In particolare, per quest’ultima norma la Corte ha precisato che è stata introdotta dal legislatore per reagire all’orientamento della giurisprudenza di legittimità: la Cassazione è, infatti, giunta «a negare ogni esenzione sull’abitazione principale se un componente del nucleo familiare risiede in un comune diverso da quello del possessore dell’immobile». La Consulta ha anche chiarito che in «un contesto come quello attuale», «caratterizzato dall’aumento della mobilità nel mercato del lavoro, dallo sviluppo dei sistemi di trasporto e tecnologici, dall’evoluzione dei costumi, è sempre meno rara l’ipotesi che persone unite in matrimonio o unione civile concordino di vivere in luoghi diversi, ricongiungendosi periodicamente, ad esempio nel fine settimana, rimanendo nell’ambito di una comunione materiale e spirituale». Pertanto, ai fini del riconoscimento dell’esenzione sulla «prima casa», non ritenere sufficiente – per ciascun coniuge o persona legata da unione civile – la residenza anagrafica e la dimora abituale in un determinato immobile, determina un’evidente discriminazione rispetto ai conviventi di fatto. I
quali, in presenza delle medesime condizioni, si vedono invece accordato, per ciascun rispettivo immobile, il suddetto beneficio. La Corte ha dunque ristabilito il diritto all’esenzione per ciascuna abitazione principale delle persone sposate o in unione civile e però ha ritenuto «opportuno chiarire» che le dichiarazioni di illegittimità costituzionale non determinano, in alcun modo, una situazione in cui le cosiddette “seconde case” ne possano usufruire. Da questo punto di vista, le dichiarazioni di illegittimità costituzionale mirano a responsabilizzare «i comuni e le altre autorità preposte ad effettuare adeguati controlli», controlli che «la legislazione vigente consente in termini senz’altro efficaci».

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