La Corte EDU ha deciso il ricorso presentato da una famiglia afgana contro l’Ungheria, la quale aveva lamentato la violazione degli articoli 3 e 8 della Convenzione per le condizioni degradanti subite durante il confinamento nella zona di transito ungherese e per essere stata lì trattenuta in violazione dell’articolo 5 §§ 1 e 4. I giudici di Strasburgo, per la risoluzione del caso, hanno attinto ai principi generali relativi al confinamento e alle condizioni di vita dei richiedenti asilo già enucleati in cause simili, ed hanno constatato come nel caso di specie – e considerate le particolari condizioni di vulnerabilità di tutti i ricorrenti (sia maggiorenni che minorenni) – il soggiorno nella zona di transito ungherese abbia causato sofferenza psicologica, sottoponendo i ricorrenti a un trattamento che ha superato la soglia di severità richiesta dall’articolo 3 della Convenzione con conseguente violazione di tale disposizione. Similmente e con riferimento alla presunta violazione dell’articolo 5 §§ 1 e 4, la Corte ha ritenuto che il confinamento e, dunque, la permanenza (rectius: detenzione) dei ricorrenti per quasi quattro mesi nella zona di transito si è tradotta de facto in una privazione della libertà ed ha così concluso per la violazione di siffatta disposizione.
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