La Corte costituzionale con la sentenza n. 166, accogliendo la questione sollevata dal Tribunale di Paola sull’articolo 130 del Dpr n. 115 del 2002, con riferimento all’articolo 3 della Costituzione, ha stabilito che anche al di fuori del processo penale, è illegittima la riduzione dell’onorario dell’ausiliario del magistrato, prevista quando la parte è ammessa al patrocinio a spese dello Stato, se l’importo oggetto di decurtazione non è stato adeguato alle variazioni del costo della vita. Nella fattispecie, il compenso per il consulente tecnico d’ufficio medico-legale, designato in un giudizio civile con ammissione al patrocinio per i non abbienti, avrebbe dovuto essere liquidato – sulla base di un valore tariffario mai aggiornato dal 30 maggio 2002 – in 145,38 euro, importo inadeguato all’attuale valore economico e sociale dell’attività svolta, alla durata dell’incarico e alla stessa dignità professionale dell’esperto. In continuità con le sentenze n. 192 del 2015 e n. 178 del 2017 – con le quali era stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’analogo meccanismo di decurtazione introdotto dall’articolo 106-bis del Dpr n. 115 del 2002 per il processo penale – la Corte ha osservato che una drastica riduzione, come quella prevista dalla norna censurata, per la remunerazione di un’attività svolta nell’interesse della giustizia può ritenersi ragionevole solo se la misura del sacrificio inflitto sia correttamente calibrata al fine del contenimento della spesa pubblica ma sia anche tale da preservare la elementare consistenza della tariffa in relazione alle variazioni del costo della vita. Dalle linee di fondo della disciplina del testo unico sulle spese di giustizia si ricava che l’adeguatezza della remunerazione degli ausiliari del magistrato è assicurata dalla proporzionalità – sia pure per difetto, avuto riguardo alla connotazione pubblicistica della prestazione resa – tra i valori tabellari dei compensi e le corrispondenti tariffe libero-professionali.
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